"Paese all'incontrario". Giletti indagato per diffamazione verso il boss Graviano

Massimo Giletti ha ricevuto la notifica dell'atto che lo vede indagato dalla procura di Terni per diffamazione a seguito della querela di Giuseppe Graviano

"Paese all'incontrario". Giletti indagato per diffamazione verso il boss Graviano
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Indagine a sorpresa su Massimo Giletti, che insieme alla giornalista Sandra Amurri, risulta essere al centro di un'inchiesta per diffamazione da parte della procura di Terni. Non certo una novità per i giornalisti ma in questo caso si tratta di un'indagine partita dalla querela sporta da Giuseppe Graviano, attualmente detenuto nel carcere umbro dove sta scontando diversi ergastoli per mafia. Al momento pare che il fascicolo sia stato posto sotto segreto istruttorio. A dare la notizia in anteprima è stato il sito EtruriaNews.

Il giornalista è stato raggiunto telefonicamente dall'agenzia Agi ed è sembrato stranito da quanto sta accadendo: "Ho sempre fiducia nella giustizia, certo alle volte penso che viviamo in un Paese all'incontrario, ma ormai non mi stupisco più di nulla". Non è stato ovviamente reso noto per cosa Giletti sia stato querelato da Graviano, tuttavia dall'inizio della scorsa stagione televisiva, il giornalista ha spesso intervistato Salvatore Baiardo, il cosiddetto "gelatiere di Omegna", considerato un uomo vicino al querelante. Le sue interviste sono state prese in considerazione in modo massiccio solo dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro proprio a seguito di alcune dichiarazioni rilasciate a Non è l'arena, il programma condotto da Giletti su La7 fino allo scorso aprile e poi improvvisamente chiuso dall'editore.

Roberto Graviano è considerato uno degli uomini più influenti di Cosa nostra dai magistrati, secondo i quali avrebbe avuto un ruolo centrale nell'organizzazione delle stragi degli anni Novanta. Nato a Palermo nel 1964, è stato arrestato a Milano nel 1994 dai carabinieri del capoluogo siciliano. La sua condanna per la strage di Capaci, messa in atto per uccidere il giudice anti-mafia Giovanni Falcone risale al 1997, quando per lui fu deciso il "fine pena mai" dai giudici della Corte d'Assise di Caltanissetta. In quell'occasione venne condannato insieme a Totò Riina, Bernardo Brusca, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano.

Graviano nel 1999 ha ricevuto un ergastolo anche per la strage di via D'Amelio, costruita per uccidere l'altro giudice antimafia, Paolo Borsellino. Il suo nome è emerso dagli interrogatori di alcuni pentiti.

Due anni più tardi ha ricevuto un'condanna come mandante dell'omicidio di don Dino Puglisi e successivamente gli è stato inflitto un altro ergastolo per gli attentati dinamitardi di Milano e Roma negli anni Novanta.

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