Pena sospesa per il padre di Nicolò, morto a 2 anni per il “ragù all’hashish”

Il padre del bambino di 2 anni morto per "overdose" di hashish ha patteggiato per 2 anni, ma la pena è stata sospesa per la condotta irreprensibile

Pena sospesa per il padre di Nicolò, morto a 2 anni per il “ragù all’hashish”
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Si conclude con il patteggiamento e la pena sospesa la vicenda giudiziaria di Nicolò Feltrin, il bimbo di 2 anni morto il 28 luglio 2022 dopo l’ingestione di hashish. Era stato indagato e rinviato a giudizio il padre del bambino, il 44enne Diego Feltrin: l’uomo è stato accusato di aver somministrato la sostanza stupefacente, mescolata nel cibo, forse per farlo dormire.

Per Diego Feltrin sono cadute quindi, come riporta Leggo, le accuse di spaccio di droga e morte in conseguenza di altro reato, mentre l’uomo ha patteggiato per 2 anni di reclusione per l’ultima accusa - omicidio colposo - tuttavia la pena è stata sospesa. Questa sentenza è il risultato del comportamento tenuto sia prima che dopo la morte del bimbo: l’uomo non solo era incensurato (e quindi, naturalmente, non era mai stato accusato di reati di droga), ma anche successivamente avrebbe tenuto una condotta irreprensibile.

Secondo il pm, la morte di Nicolò sarebbe avvenuta a causa di una “intossicazione acuta da sostanza ad azione psicotropa a seguito di indigestione di hashish”. In base alla ricostruzione degli inquirenti, la sostanza psicotropa sarebbe stata mescolata al ragù con cui poi sarebbe stata condita la pasta assunta dal piccolo, “verosimilmente allo scopo di farlo stare tranquillo e di addormentarlo”, come il pm ha sottolineato. La vicenda aveva fortemente scosso l’opinione pubblica: le cronache annoverano di tanto in tanto diversi casi di intossicazione infantile per droga, ma più spesso si è trattato di interventi in pronto soccorso con il ristabilimento dei bambini protagonisti di queste vicende. Ma per Nicolò Feltrin invece non è andata in questo modo.

L’accadimento relativo a Nicolò era apparso sulle prime una tragedia imprevedibile e nulla avrebbe lasciato presagire quello che poi la giustizia ha ricostruito. Residenti a Codissago, frazione di Longarone in provincia di Belluno, il padre avrebbe affermato che probabilmente il bambino aveva ingerito qualcosa trovata per terra al parco. Ma le telecamere di sorveglianza del locale luogo pubblico non hanno rilevato nessuna eventualità di questo genere, spingendo gli inquirenti a guardare più da vicino. Analisi e test hanno portato alle conclusioni.

La versione di Feltrin gli è costata ulteriori accuse, per non aver fornito in ospedale le informazioni corrette ai medici che hanno

soccorso Nicolò. “Overdose” è la parola che la stampa ha usato per raccontare cosa sia accaduto a Nicolò, giunto in pronto soccorso con il battito cardiaco accelerato e un’insufficienza respiratoria in corso.

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