"Come Charlie Hebdo". La cellula islamica che voleva portare il terrore in Italia

Otto giovani pakistani arrestati lo scorso anno a Genova andranno a processo per associazione terroristica internazionale. Sono accusati di aver pianificato attentati terroristici da mettere a segno in Italia

Alcuni dei presunti terroristi della cellula Gabar, che finiranno a processo
Alcuni dei presunti terroristi della cellula Gabar, che finiranno a processo
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Erano stati arrestati circa un anno fa al termine di una maxi-operazione condotta dalla Digos di Genova, con l'accusa di progettare attentati terroristici in Italia. E nelle prossime settimane, otto dei dieci presunti terroristi finiranno sul banco degli imputati. Questi gli ultimi sviluppi dell'operazione che portò in manette una decina di cittadini originari del Pakistan, accusati di far parte della cellula terroristica "Gabar". L'inchiesta aveva fatto emergere come il gruppo avesse contatti diretti con Hassan Zaher Mahmood, il ventisettenne pakistano che il 25 settembre 2020 fu protagonista di un attentato nei pressi della ex-sede della rivista satirica Charlie Hebdo. In quel frangente, a Parigi, ferì con una mannaia due dipendenti di un’agenzia televisiva.

Ma secondo gli inquirenti, l'uomo era riuscito a ramificare quella che si prefigurerà come una vera e propria cellula jihadista anche in altri Paesi europei, reclutando adepti sui social network con l'ausilio di uomini di fiducia dediti alla causa. E fra questi Paesi, c'era anche l'Italia: gli investigatori ipotizzano che il "capo" nonché reclutatore del gruppo Gabar stanziato sul territorio italiano fosse Yaseen Tahir, per il quale l'udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 30 maggio presso il tribunale di Genova. Nel 2019 il ragazzo venne arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre nel 2020 fu segnalato dalle autorità francesi per attività correlate al terrorismo (e a poche ore dall'aggressione di Zaher nella capitale transalpina si trovava nella zona di Ventimiglia). Ad inchiodarlo ci sarebbero oltretutto alcune sue conversazioni con un presunto complice arrestato in Francia, intercettate dagli investigatori.

“Qui in Italia non puoi creare un gruppo come in altri posti e non puoi fare quello che vuoi: qui se ti scoprono sei fottuto”, gli avrebbe detto. Si era poi trasferito in provincia di Reggio Emilia, da dove avrebbe tentato di reclutare volontari per pianificare ed attuare almeno un attentato di matrice terroristica sulla base di quello di Charlie Hebdo. Secondo la stampa genovese, il ventiquattrenne ha chiesto di essere processato con rito ordinario e nella medesima occasione si discuterà anche la posizione di un altro presunto affiliato al gruppo, ovvero quell'Alì Moksine che ad oggi risulta latitante.

Fra poco meno di due mesi sarà invece la volta degli altri accusati, che hanno scelto il rito abbreviato: compariranno in tribunale fra il 12 e il 13 luglio. Tutti loro dovranno rispondere di associazione terroristica internazionale, per un reato punibile con una pena che può variare dai sette ai quindici anni di reclusione. E a breve dovrebbero quindi esserci novità.

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