"Poteva essere salvato". Chiuse le indagini sulla morte di Purgatori: in quattro rischiano il processo

Nel mirino della Procura le diagnosi errate e le terapie inappropriate: "Il giornalista è morto per la negligenza dei medici"

"Poteva essere salvato". Chiuse le indagini sulla morte di Purgatori: in quattro rischiano il processo
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Andrea Purgatori poteva essere salvato. Non ha dubbi la Procura di Roma, che oggi ha concluso le indagini sulla morte del giornalista, scomparso il 19 luglio del 2023. Secondo quanto affermato nell’avviso, il decesso del volto di “Atlantide” sarebbe frutto della negligenza di quattro esperti, che ora rischiano il processo: parliamo dei radiologi Gianfranco Gualdi, Claudio Di Biasi, Maria Chiara Colaiacomo e del cardiologo Guido Laudani. Come riportato dal Corriere, secondo la Procura i quattro esperti “cagionavano con condotte colpose il decesso di Purgatori”.

Colpito da un tumore ai polmoni, Purgatori aveva di fronte a sé una maggiore di aspettativa di vita. Ma a causa degli “errori diagnostici” dei luminari e di superficialità inattese, si è spento prima del tempo. Una considerazione che poggia sugli esiti di una perizia depositata nei mesi scorsi dagli esperti ricaricati dal tribunale capitolino. Entrando nel dettaglio, i radiologi con “grave imperizia” credettero di individuare metastasi inesistenti nella risonanza magnetica dell’8 maggio 2023. Patologia da curare con una radioterapia in realtà superflua.

I pm hanno messo nel mirino Gualdi che “rappresentava con forza, sulla base dell’errata diagnosi di cui sopra, la necessità di avviare Purgatori a immediate cure radioterapiche ...non solo causando la sottoposizione del paziente a inutile e debilitante terapia ma soprattutto determinando un serio sviamento dall’approccio diagnostico e terapeutico degli altri sanitari”. Ma Purgatori scontava la presenza di “lesioni cerebrali di natura ischemica e di un quadro di embolizzazione pluriviscerale” mai trattati.

Secondo quanto ricostruito dagli esperti, Purgatori è morto per un’enodocardite curabile.

Di Biasi è anche accusato di falso: per occultare l’errore diagnostico insisteva sulle inesistenti metastasi, mentre Laudani “ometteva di impostare un corretto percorso diagnostico” che permettesse di individuare le cause delle ischemie.

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