Caro Marco,
forse non gradirai il contenuto della mia epistola ma non posso fare a meno di esprimere il mio pensiero in maniera onesta, senza farmi trascinare da un moto di indignazione collettiva che sta investendo in queste ore un poveraccio che non ha commesso alcun delitto, ove conveniamo che avere un figlio che si macchia di omicidio non è un reato bensì una tragedia. Bene. Ti ritieni inorridito, come tanti, quasi tutti, la collettività intera, per le affermazioni del babbo di Turetta durante quella che è stata - e questo è bene puntualizzarlo - la prima visita al figlio in carcere, ossia il primo incontro tra il ragazzo e i genitori una volta che il primo è stato arrestato in Germania e tradotto in Italia. Era il dicembre del 2023 e queste intercettazioni, che riguardano un momento di dolore, intimo e privato, vengono divulgate adesso dalla procura e finiscono sui giornali. Il contenuto di questo colloquio, corredato di immagini fotografiche, non è uscito da solo, aprendo la porta, dai palazzi della giustizia. Qualcuno lo ha ceduto a qualche giornalista, senza curarsi delle conseguenze, le quali pure potrebbero essere gravi per questi genitori, in particolare il padre, Nicola Turetta, che saranno fatti bersaglio di odio, odio che può facilmente volgere in violenza. Il materiale in questione, peraltro, non ha alcun valore investigativo e alcuna rilevanza processuale, non costituisce una prova in relazione alle accuse di cui deve rispondere il ragazzo, che ha confessato il crimine e ha rinunciato all'udienza preliminare per entrare subito nel vivo del rito. Quindi dobbiamo chiederci per quale motivo questa intercettazione sia stata pubblicata. La risposta è evidente: perché l'opinione pubblica si indignasse e questo padre venisse dato in pasto alla massa famelica. I giornalisti talvolta assecondano i peggiori appetiti del popolo. E lo fanno in maniera spregiudicata, calpestando ogni valore e qualsiasi principio etico.
Ma io non mi indigno. Non mi indigno per un padre traumatizzato, piegato dal dolore, che, dopo avere ottenuto consigli dagli psicologi su come rapportarsi al figlio, incontra quest'ultimo in galera, dopo avere temuto che si fosse suicidato, un padre che ha difficoltà ad accettare e metabolizzare che colui che ha messo al mondo, che ha visto bambino, possa avere compiuto un delitto tanto orribile, che possa avere avuto la freddezza di accoltellare un essere vivente, un essere umano, una ragazza, la sua ex ragazza, Giulia. Il signor Turetta non ha assolutamente giustificato la condotta del figlio. Egli dice: «Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, non sei un terrorista, hai avuto un momento di debolezza. Devi farti forza». Nicola Turetta quasi cerca di persuadere se stesso, di rassicurare se stesso, non soltanto il figlio: no, non sei un assassino, non è possibile che tu lo sia. Inoltre, da buon padre ha tentato di consolare Filippo e di fargli capire che non lo abbandona. Cosa avrebbe mai dovuto dirgli per risultarvi simpatico: «Ammazzati, non ci vedrai mai più, ti odiamo, da oggi non sei più nostro figlio»? Parlate tutti di valori cristiani, vi sconvolgete davanti agli insulti alla fede cristiana, eppure quando qualcuno applica la parola del Signore, quando un padre non rinnega il figlio che ha sbagliato atrocemente, ecco che vi scandalizzate.
Vedo in tutto questo contraddizione e ipocrisia.Io mi indigno semmai per l'immoralità di chi ha diffuso e pubblicato queste intercettazioni, che fanno parte di un colloquio assolutamente privato e intimo e che privato e intimo avrebbe dovuto restare.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.