"Sapeva con chi faceva affari": ecco perché Becciu è stato condannato

La sentenza arriva 10 mesi dopo la condanna del monsignore per la svendita di Sloane Square

"Sapeva con chi faceva affari": ecco perché Becciu è stato condannato
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C’è voluto quasi un anno, alla faccia del processo equo. “È stato monsignor Angelo Becciu a proporre all'Ufficio l'Operazione Angola in base alla sua pregressa conoscenza ed amicizia con l'imprenditore Mosquito", l'operazione cioè che ha dato il via alla vicenda legata alla compravendita del palazzo di Sloane Square a Londra. Sono state depositate ieri le motivazioni della sentenza che ha chiuso il processo contro il porporato che si è chiuso nel dicembre 2023, al termine di 86 udienze di dibattimento. Alla sbarra c’era il cardinale Giovanni Angelo Becciu (condannato a cinque anni e 6 mesi di reclusione, piu' interdizione perpetua dei pubblici uffici e 8 mila di multa) e Raffaele Mincione, entrambi riconosciuti colpevoli di peculato; Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio; Gianluigi Torzi e Nicola Squillace per truffa aggravata e Torzi anche per estorsione in concorso con Fabrizio Tirabassi, lo stesso Tirabassi per autoriciclaggio. Becciu e Cecilia Marogna erano stati ritenuti colpevoli di truffa aggravata.

La sentenza ha stabilito sanzioni pecuniarie per Rene' Brulhart e Tommaso Di Ruzza, rispettivamente ex presidente e direttore dell'AIF (Autorita' di Informazione Finanziaria), pari a 1750 euro di multa per omissione di segnalazione all'Ufficio del Promotore di Giustizia, entrambi sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di omessa denuncia e mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un'operazione sospetta. A Enrico Crasso, ex consulente finanziario della Segreteria di Stato, il Tribunale ha comminato una condanna di 7 anni di reclusione e 10 mila euro di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per il finanziere Raffaele Mincione 5 anni e 6 mesi, piu' 8mila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per l'ex dipendente dell'ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi 7 anni di reclusione e 10 mila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per l'avvocato Nicola Squillace, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, un anno e 10 mesi di reclusione, pena sospesa per cinque anni. Per il broker Gianluigi Torzi 6 anni e 6 mila euro di multa, piu' interdizione perpetua dai pubblici uffici e la sottoposizione, ai sensi dell'articolo 412 del Codice penale a vigilanza speciale per un anno. Tre anni e 9 mesi per la manager Cecilia Marogna, e interdizione temporanea per uguale periodo.

Lo stesso cardinale ha riconosciuto che "non c'era mai stato prima l'affidamento di una somma così ingente ad un solo soggetto” e che “non poteva certo sfuggire ad una persona dall'esperienza e delle capacità riconosciute all'allora sostituto Becciu" chi fosse Raffaele Mincione, una delle figure principali della faccenda, sia per informazioni di stampa, sia per le notizie raccolte dalla Gendarmeria vaticana che aveva sconsigliato di mettersi in affari con lui, per cui Becciu paga “l’uso illecito di quei beni pubblici ecclesiastici di cui l'allora Sostituto aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio e dei quali ben conosceva la natura e, conseguentemente, i correlati limiti legali di impiego”.

Il peculato è legato all uso illecito della somma di 200 milioni e 500 mila dollari USA, "pari a circa un terzo del budget all'epoca della Segreteria di Stato”, versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione di Becciu per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile proprio a Raffaele Mincione. Somma che sarebbe servita - fra l'altro - per l'acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio.

La difesa guidata da Fabio Viglione non avrà gioco facile in appello a ribaltare la sentenza. E però si continua a ritenere Becciu responsabile penalmente di un investimento sbagliato, il Tribunale se la prende persino con i giornali “innocentisti” che riportano la sua difesa, che si basa sostanzialmente sul fatto di non aver preso una lira."A nulla rileva che egli non abbia inteso agire con finalità di lucro, nè che non abbia conseguito alcun vantaggio". Dunque si punisce il peculato senza la pecunia. Che non abbia avuto un centesimo èinsignificante. Non importa che non abbia avuto vantaggi … o che non si comprende perché avrebbe dovuto avvantaggiare persone sconosciute. Gli si attribuisce una sorta di responsabilità di posizione. Quando a Pietro Perlasca, che da colui che ha imbeccato a Becciu i dossier con gli investimenti sbagliati dicendogli di firmare affari decisi da altri e vidimati dal Papa, è diventato teste chiave dell’accusa, la sentenza dice che nel suo caso “manca l'elemento psicologico del reato”. Esattamente quello che però i giudici attribuiscono a Becciu, che però non ha intascato nulla.

Il cardinale Becciu e Cecilia Marogna sono stati anche giudicati colpevoli per la vicenda del versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570 mila euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, "con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa". Il cardinale Becciu è stato anche ritenuto colpevole di peculato per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di 125mila euro destinata in realtà alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello Antonino Becciu. "Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l'erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell'art. 176 c.p.

, che sanziona l'interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza - del resto - con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l'alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado”. Anche se sono stati spesi per aiutare i poveri.

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