Quel nuovo documento sulla Orlandi. Perché ora si apre un'altra pista

Il giornalista Pino Nicotri svela il contenuto di un presunto documento sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, documento che ricondurrebbe alla "pista famigliare"

Quel nuovo documento sulla Orlandi. Perché ora si apre un'altra pista
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Nonostante la “pista familiare” sul caso di Emanuela Orlandi appaia sempre più fantasiosa (e demolita in più punti), c’è chi torna a parlarne, svelando un presunto documento che chiarirebbe un dubbio, ma che ne solleva altri. E il dubbio è: chi ha parlato agli inquirenti delle avance verbali ricevute da Natalina Orlandi nel 1978 dallo zio Mario Meneguzzi?

Il giornalista Pino Nicotri ne parla in un articolo su BlitzQuotidiano, spiegando di essere in possesso di una mezza paginetta che recita questo, con tanto di intestazione e numero di protocollo:

“LEGIONE CARABINIERI DI ROMA
REPARTO OPERATIVO
-3a Sezione-
N. 0159977/2-20 “P” di prot. Roma, li 30.8.1983.-
RAPPORTO GIUDIZIARIO: – circa gli ulteriori accertamenti svolti in relazione alla scomparsa di Emanuela ORLANDI. –
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI
(Sost.Proc. Dott.D. Sica) R O M A
Seguito rapporti giudiziari pari numero ed oggetto di questo Reparto
Si trasmette una relazione di servizio inerente dichiarazioni confidenziali rilasciate da Andrea FERRARIS, fidanzato della signorina Natalina ORLANDI, sorella maggiore di Emanuela, ad ufficiale di questo Reparto, circa un episodio avvenuto cinque anni orsono tra la Natalina stessa e lo zio Mario Meneguzzi”

In pratica, se questo documento dovesse essere vero, sarebbe stato il fidanzato di Natalina Orlandi, oggi marito, Andrea Ferraris, una delle due persone a esserne a conoscenza, ad aver rivelato al sostituto procuratore Domenico Sica alla fine di agosto 1983, a poco più di un mese dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, quanto accaduto nel 1978. In altre parole non ci sarebbe un anello mancante tra la procura di Roma e il padre spirituale degli Orlandi, monsignor José Luis Serna Alzate, che nel 1983 si trovava in missione in Colombia, altra persona a essere a conoscenza di queste avance verbali. Sebbene il confessore poi, rispondendo a una domanda in una lettera in codice, avrebbe risposto positivamente all’allora segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli.

Nicotri aggiunge che, a suo avviso, non sarebbe vero che gli inquirenti pedinassero Meneguzzi perché, come sostenuto da Pietro Orlandi, si temeva che lo zio, che più volte ha risposto al telefono ai presunti rapitori, avrebbe consegnato un riscatto per la nipote ai criminali. Secondo Nicotri sarebbe stato lo stesso Meneguzzi a notare il pedinamento e avrebbe chiesto conferme al poliziotto del Sisde Giulio Gangi. Però il fatto che Meneguzzi sapesse di essere nell’occhio degli inquirenti potrebbe aver davvero compromesso le prime indagini?

Lungi dal risolvere questo intricato dilemma infatti, questo documento, se dovesse essere autentico, solleva un interrogativo ancora più grande: perché il segreto di Meneguzzi non fu svelato all’epoca, soprattutto a fronte delle tante piste e presunti depistaggi che hanno caratterizzato il caso Orlandi? Nicotri ventila che possa essere stato lo stesso Vaticano a mantenere il segreto, dato che Ercole Orlandi lavorava a stretto contatto con papa Giovanni Paolo II.

Tuttavia questo non spiegherebbe i punti di contatto con la scomparsa di Mirella Gregori, la pista turca e la pista inglese, la cassetta consegnata all’Ansa, i presunti contatti con la Banda della Magliana e i mille altri misteri che circondano la scomparsa della cittadina vaticana avvenuta il 22 giugno 1983.

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