Era stato condannato a sedici anni di reclusione in secondo grado, con l'accusa di aver ucciso a sprangate il vicino di casa, introducendosi nella sua abitazione mentre dormiva. Ma proprio nelle scorse ore, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, rinviando gli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Firenze. Il motivo? La telefonata alla madre nella quale l'imputato confessava di fatto la propria colpevolezza (intercettata dalle forze dell'ordine) avrebbe in realtà rappresentato un tentativo di recuperare il rapporto ormai deteriorato con la famiglia, più che una reale confessione. Protagonista della vicenda che arriva dalle Marche è Nica Cornel, cittadino di 29 anni originario della Romania, unico accusato per la morte del cinquantatreenne Giancarlo Sartini avvenuta in provincia di Ancona quasi un decennio fa.
Stando infatti a quanto riportato dalla stampa marchigiana, i fatti risalgono al 2014: nella notte fra il 26 e il 27 dicembre di quell'anno, Sartini perse la vita dopo esser stato più volte colpito alla testa con un oggetto contundente, mentre si trovava nella sua abitazione di Chiaravalle. Gli esponenti delle forze dell'ordine, una volta giunti sul posto, trovarono il defunto nel proprio letto, mentre dalla stanza erano spariti contanti ed oggetti di valore. Gli inquirenti ipotizzarono perciò una rapina finita in tragedia: l'uomo si sarebbe reso conto della presenza di un ipotetico ladro e quest'ultimo, dopo esser stato scoperto, lo avrebbe aggredito colpendolo a morte con una spranga. E le indagini avevano sin da subito individuato nel giovane straniero il principale indiziato, con quest'ultimo finito a processo per omicidio volontario. Un iter giudiziario piuttosto arzigogolato e contraddittorio: dopo esser stato assolto in primo grado, nel 2018 Cornel fu condannato a sedici anni dalla Corte d'Assise d'Appello di Ancona, per una sentenza confermata lo scorso anno anche anche dalla Corte d'Appello di Perugia.
Ad orientare i giudici verso questa direzione è stata a quanto pare anche un'intercettazione telefonica: ad incastrare il ventinovenne sarebbero stati in primis gravi indizi emersi durante una chiamata alla madre. La Cassazione ha però annullato tutto, richiedendo un nuovo processo. Questo perché il contenuto della telefonata sopracitata non sarebbe stato reputato credibile fino in fondo, alla luce dei rapporti conflittuali e problematici che lo straniero aveva con i propri familiari: il ventinovenne avrebbe pronunciato le frasi sospette con l'unico obiettivo di attirare l'attenzione della madre, muovendola a compassione.
La difesa ha inoltre chiesto di ascoltare come testimone una prostituta che quella notte si trovava in compagnia del presunto omicida, ma che al momento risulterebbe irreperibile. E a questo punto sarà la Corte d'Assise d'Appello di Firenze a doversi esprimere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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