Si è aperto oggi il processo per l'omicidio di Rossella Nappini, l'infermiera brutalmente uccisa nell'androne del palazzo in cui viveva, a Roma, lo scorso 4 settembre. La donna abitava nella casa di via Giuseppe Allievo, a Monte Mario, insieme ai due figli e all'anziana madre. I sospetti ricaddero subito su Adil Harrati, operaio quarantacinquenne di origine marocchina, che con la donna ebbe in passato una breve relazione. In quei pochi minuti, il marocchino riuscì a colpirla con oltre 50 coltellate in tutto il corpo. L'infermiera non voleva proseguire la relazione con l'uomo e in più di un'occasione si era lamentata con le amiche dell'atteggiamento persecutorio dell'operaio, senza mai denunciarlo alle forze dell'ordine. I due si erano conosciuti in occasione di alcuni lavori che lui aveva eseguito a casa della donna. "Era uscita di casa per andare al bancomat delle Poste lì vicino a prelevare soldi", spiegarono ai tempi alcuni parenti della vittima.
Per Harrati, la procura ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato e nei suoi confronti il pubblico ministero contesta l'omicidio aggravato dalla premeditazione e dall'avere agito per motivi abbietti e futili, con crudeltà contro una persona "a cui era legato da relazione affettiva cessata". La difesa del marocchino ha cercato di controbattere sul punto in relazione alle aggravanti dei motivi abietti e futili e della crudeltà. Tuttavia, nella sua replica, l'accusa ha confermato la richiesta, sottolineando che l'operaio "sperava nel proseguimento della relazione. Si era ipotizzato un matrimonio che consentisse la regolarizzazione della posizione. La chiusura della relazione, e dunque la vanificazione dell'intento dell'Harrati, è stato uno dei motivi dell'omicidio, un delitto commesso con 56 coltellate".
La prossima è fissata per il 29 maggio quando verranno sentiti in aula gli investigatori della Squadra Mobile che hanno condotto le indagini. A costituirsi parte civile sono stati i due figli e la mamma della vittima, ma anche la sorella della vittima l'associazione "Insieme a Marianna", rappresentata dall'avvocato Licia D'Amico, e la "Associazione italiana vittime vulnerabili di reato". I familiari della donna, al termine dell'udienza, sono stati chiari: "Vogliamo il massimo pena".
Harrati era stato fermato dalla polizia già poche ore dopo aver compiuto l'omicidio, rintracciato dagli investigatori nel corso della notte e posto nell'immediato agli arresti presso il carcere di Regina Coeli. Più di una volta i vicini di casa avevano sentito Nappini litigare con Harrati nell'androne del palazzo. A carico del marocchino pende anche un ordine di espulsione dal Paese mai eseguito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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