Yara Gambirasio, la Cassazione: "Bossetti può visionare reperti e Dna"

I giudici della Cassazione ritengono valida la prima autorizzazione, del 2019, con cui il presidente della Assise autorizzò gli avvocati di Bossetti a visionare i reperti e il Dna: "Possono vederli ma non toccarli. Nuove analisi? Non ora"

Yara Gambirasio, la Cassazione: "Bossetti può visionare reperti e Dna"
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Dopo una lunga e controversa trafila giudiziaria, durata quasi quattro anni, gli avvocati di Massimo Bossetti potranno visionare i reperti e i campioni di Dna del processo per l'omicidio di Yara Gambirasio. Lo hanno deciso i giudici della Cassazione rinviando al provvedimento con cui, il 27 novembre del 2019, il presidente della Corte d'Assise Giovanni Petillo autorizzò i legali dell'ex muratore di Mapello, condannato in via definitiva all'ergastolo nel 2018, ad accedere al materiale che è sempre stato oggetto di disputa tra i difensori e le procure.

La nuova sentenza della Cassazione

Lo scorso 19 maggio, la prima sezione della Cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza con cui la Corte d'Assise di Bergamo, presieduta dalla presidente Donatella Nava, aveva respinto per la seconda volta la richiesta difensiva. Di recente sono state depositate le motivazioni della nuova sentenza con cui i giudici supremi, accogliendo in parte l'impugnazione degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, hanno riabilitato il provvedimento di Petillo: non venne impugnato e quindi è "valido, vigente e intangibile".

La confisca

L'autorizzazione non diventò esecutiva perché, quando il 30 aprile e il 10 giugno 2020 i legali di Bossetti chiesero di conoscere modalità e tempistiche per poter visionare i reperti, il presidente dell'Assisse Petillo precisò di non essere più competente dal momento che, nel frattempo, tutto il materiale era stato confiscato su richiesta della pm Letizia Ruggeri. Da lì iniziò la lunga trafila di istanze e ricorsi degli avvocati durata ben quattro anni. Ma per la Cassazione, ora, la confisca non incide sulle richieste formulate dai due difensori. Ecco perché il provvedimento di Petillo può ritenersi ancora valido e vigente.

"Possono vedere i reperti ma non toccarli"

Come ben precisa il Corriere della Sera, la decisione della Cassazione non apre la strada a una revisione del processo. Almeno non nel breve termine poiché i giudici supremi hanno precisato che sarà compito dell'Assise indicare agli avvocati le modalità di accesso al materiale confiscato. Le operazioni dovranno pertanto essere svolte "all’interno del perimetro già determinato, dovendo essere, al momento, consentito il solo accesso e la sola osservazione dei reperti, previa adozione di ogni cautela atta a garantire l’integrità dei medesimi, e con esclusione di ogni attività implicante interventi di altra natura, come anche di ogni attività, non importa se ripetibile o meno, che comporti il contatto fisico con gli oggetti". Va detto altresì che, nel 2019, il presidente Petillo aveva parlato di "mera ricognizione" puntualizzando che l'attività avrebbe dovuto essere eseguita "sotto la vigilanza della Polizia giudiziaria competente".

"Nuove analisi? Non ora"

L'accesso ai reperti non implica la possibilità di nuove analisi. Una precisazione che i giudici della Cassazione, pur riconoscendo la validità delle richieste difensive, ritengono necessaria. "Eventuali attività ulteriori (...) - puntualizzano - potranno essere, se del caso, assentite all’esito della ricognizione e sulla base del verbale che la documenterà, ove la difesa, dando impulso ad un procedimento esecutivo distinto da quello odierno, avanzi specifica e corrispondente richiesta".

In quel caso, l’Assise "sarà chiamata a deliberare dopo aver valutato, alla luce della consistenza dei reperti, la concreta possibilità di nuovi accertamenti tecnici, e dopo aver valutato la loro non manifesta inutilità, secondo canoni di concretezza, specificità e astratta vantaggiosità".

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