Entro il weekend, l’Ufficio per la cittadinanza e gli affari migratori della Lettonia invierà a circa 3600 cittadini russi l’invito a lasciare il Paese. Il motivo di questa decisione non è da individuare nelle crepe provocate dal conflitto russo-ucraino che hanno allontanato, giorno dopo giorno, l’Occidente e la Russia di Putin, ma nelle politiche interne sul tema dell’immigrazione e sulla coesistenza tra cultura russa e lettone.
Le autorità lettoni avevano dichiarato, alcuni mesi fa, che gli abitanti di nazionalità russa in possesso di un permesso di soggiorno permanente, dovevano sostenere, o per lo meno chiedere di sostenere, un test linguistico volto a verificare la loro padronanza e le loro conoscenze della lingua nazionale, se volevano continuare a stare in Lettonia. I 3.600 destinatari del provvedimento, a detta del governo lettone, non hanno superato l’esame o non hanno manco fatto richiesta per accedervi. Il test imposto dal governo non prevedeva un livello elevatissimo di padronanza della lingua ma bastava che si conseguisse un basico A2, per dare prova di saper interagire con gli abitanti autoctoni e di sapersela cavare nelle situazioni di vita quotidiana.
Le radici storiche
I russi costituiscono il 28,3% della popolazione lettone e sono il gruppo etnico più numeroso dopo gli autoctoni, prima dei bielorussi (3,7%) e degli ucraini (2,5%). La maggior parte dei russi risiede nelle aree urbane e durante l’occupazione sovietica del Paese baltico, la comunità russa è passata dall’8,8% al 34,05% del 1989; dal 1991, anno di dissoluzione dell’Urss, è gradualmente scesa fino al 25,2% degli ultimi anni. Dopo aver riconquistato l’indipendenza, la rinata repubblica baltica non ha concesso automaticamente la cittadinanza ai cittadini russofoni che avevano antenati giunti nel Paese dopo il giugno 1940. La conoscenza della lingua e della storia lettone era stata posta come condizione irrinunciabile per l’ottenimento della cittadinanza anche se già negli anni successivi sono stati individuati anche altri requisiti meno rigidi tanto che nel 2017, più del 70% dei lettoni di origine russa era in possesso della cittadinanza.
L'ultimo decennio
La coesistenza della lingua lettone e russa è sempre stata pomo della discordia tra i gruppi etnici da almeno un decennio. Nel 2012 si è celebrato un referendum sull’opportunità di adottare il russo come seconda lingua ufficiale: il 74,8% ha votato contro mentre il 24,9% dei votanti a favore. A partire dal 2019, nelle università e nelle scuole superiori pubbliche e private è stato abolito l’insegnamento in lingua russa delle discipline scolastiche ad eccezione di quelle relative alla lingua e alla cultura russa.
Oggigiorno, la conoscenza del lettone sembra sia un requisito imprescindibile anche per il permesso di soggiorno permanente e non solo per la cittadinanza. Nelle scorse settimane il parlamento lettone ha approvato una proroga di due anni prima che l’invito ad andarsene diventi effettivo, per dare modo ai cittadini russi di mettersi in regola.
Il direttore del Servizio federale della Sicurezza della federazione russa,Nikolaj Patrushev, ha dichiarato: "Sotto l'influenza dei dettami anglosassoni, la russofobia si sta diffondendo in altri
paesi europei, prima di tutto negli Stati baltici, dove tutto ciò che è russo è perseguitato. I monumenti vengono demoliti e i libri in russo vengono bruciati, in modo simile a quanto fatto nella Germania nazista" .- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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