Così la polizia svedese speronò lo scooter (ma nessuno si indignò)

La manovra durante un inseguimento è stata messa a confronto con quella della gazzella dei carabinieri che ha inseguito Ramy Elgaml

La fine di un inseguimento da parte della polizia svedese
La fine di un inseguimento da parte della polizia svedese
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Una macchina delle forze dell'ordine insegue uno scooter: a un certo punto lo tocca, il due ruote cade e con lui chi stava a bordo. Non è la dinamica di quanto accaduto a Milano poco prima dell'alba del 24 novembre ma quanto si vede in uno dei tanti video che circolano in rete, relativo a un inseguimento messo in atto da una pattuglia della polizia svedese nei confronti di uno scooter. È uno dei più noti, circola da tempo sui social e risale ad almeno un anno mezzo e fa. La velocità dei due veicoli non era elevata, il conducente dello scooter si rialza e prova anche a fuggire dopo essere stato fermato dagli agenti, che però riescono comunque a fermarlo. Questa breve clip è tornata a circolare dopo la pubblicazione delle immagini relative a quanto accaduto a Ramy Elgaml.

Dai video ripresi dalla dashcam di bordo di una delle gazzelle dei carabinieri che quella notte era impegnata nell'intervento si vede un primo avvicinamento dell'auto allo scooter di Elgaml, che stava dietro mentre alla guida c'era Fares Bouzidi, e poi dalle immagini delle telecamere del comune si vede il momento cruciale. Lo scooter effettua la svolta a sinistra, la gazzella è subito dietro e Ramy è senza casco dopo averlo perduto durante l'inseguimento a elevatissima velocità, probabilmente a causa dei dossi. Dalle immagini, che sono riprese da dietro, non si evince una dinamica nitida, la gazzella potrebbe aver toccato lo scooter sul lato ma la moto sembra già scivolare quando effettua la curva. Sta di fatto che a causa di quella caduta Ramy muore. "Via Quaranta, sono caduti", dice una delle gazzelle sul posto. "Bene", risponde un'altra, che però non è lì e non sa che uno dei due è morto.

Perché l'inseguimento della polizia svedese viene pubblicato nel contesto dell'inseguimento dei carabinieri del 24 novembre? Chi lo pubblica sostiene la tesi che gli agenti in servizio per la sicurezza pubblica che si trovino a effettuare un inseguimento, qualunque Paese stiano servendo, si trovano nelle medesime situazioni. Bouzidi guidava a velocità altissima per le strade di Milano, ha rischiato in più occasioni di causare incidenti con veicoli estranei ai fatti, come si vede da altre immagini diffuse in precedenza: i carabinieri non potevano sapere chi ci fosse alla guida di quel veicolo e la ragione per la quale avesse forzato un "alt" e iniziato quella incosciente corsa per le vie della città. Ai carabinieri viene contestato soprattutto l'audio registrato dalla dashcam durante l'inseguimento, sia quando danno comunicazione della caduta sia in un frangente precedente quando, a seguito del precedente avvicinamento, sempre dalla radio si sente qualcuno dire: "Vaffanculo, non è caduto".

Silvia Sardone, europarlamentare della Lega, critica "l'ennesima ondata di accuse, sostenute dalla sinistra e da alcuni commentatori, che parlano di omicidio volontario, speronamento, intenzione di causare la caduta ecc.". Secondo l'esponente della Lega, invece, "Il nuovo video dimostra che nella fase finale dell'inseguimento non c'è stato alcun speronamento, come già confermato dall'analisi della Polizia Locale. Quanto alle frasi sentite nell'audio, è evidente che derivano dalla tensione di un'operazione complessa e pericolosa nelle strade di Milano".

Ilaria Salis, di contro, ha elogiato la rivolta stile "banlieue" che si è scatenata nel quartiere Corvetto, dove abitava Ramy, a seguito dell'incidente: "Se oggi il caso non può più essere insabbiato, come è già accaduto altre volte in situazioni simili, lo dobbiamo anche alle proteste del quartiere Corvetto, grazie a cui l'opinione pubblica ha iniziato a interessarsi della vicenda. Lo dobbiamo alla comunità di amici e solidali che reclamano verità e giustizia per Ramy e Fares".

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