Il cortocircuito del diritto alla privacy: l'Ue ora multa se stessa

Il cortocircuito del diritto alla privacy: l'Ue ora multa se stessa
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Mamma mia, la privacy. Sentite questa: l’Unione europea ha multato l’Unione europea, non si era mai sentito. In sintesi un cittadino tedesco nel 2021 si era collegato alla pagina Conference on the Future of Europe, e poi si era registrato per una videoconferenza GoGreen facendo il login con il proprio account Facebook. Dopodiché ha intentato causa al Tribunale dell’Ue perché, a suo dire, i suoi dati erano stati trasferiti agli Stati Uniti, i quali all’epoca non erano tra i paesi certificati dall’Ue perché «non fornivano un adeguato livello di protezione».

Ora, dico: la privacy è un argomento delicato, l’ossessione per la privacy delle persone a volte è patologica e contraddittoria, e le normative Ue forse si stanno incasinando tra di loro. Riguardo al signore tedesco: ma sei hai tutti questi problemi di privacy e paura degli Stati Uniti non dovresti non avere neppure Facebook? Chi sei, Jason Bourne? Un terrorista islamico? Un rapinatore di banche? Crede che la Cia stia lì a vedere cosa ha detto su GoGreen? Io ho l’impressione che questo terrore esibito per la privacy nasconda il contrario, la consapevolezza che a nessuno freghi qualcosa di noi, altrimenti non staremmo così tanto sui social per poi lamentarcene.

Di fatto il tribunale dell’Ue gli ha riconosciuto 400 euro per danni morali (non so cosa ci farà, né quanto abbia speso per fare causa all’Ue, mentre tutta la vicenda si svolge in un dedalo di cavilli, poiché l’uomo pretendeva anche il risarcimento, sempre per danni morali, per il trasferimento dei suoi dati a Amazon CloudFront, respinto perché il server era a Monaco), stabilendo che la Commissione europea ha

violato lo stesso Gdpr sulla privacy varato dalla stessa Ue. Quali danni non lo so, visto che già li aveva dati a Meta per cavoli suoi. Dulcis in fundo: l’Unione europea farà ricorso contro l’Unione europea.

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