"Via il divieto sui tatuaggi": la mossa di Tokyo per "salvare" l'esercito

In Giappone mancano i soldati e i tatuaggi non possono più essere ostacolo nel reclutamento, così si pensa di rompere il tabù.

"Via il divieto sui tatuaggi": la mossa di Tokyo per "salvare" l'esercito

Le Forze di autodifesa del Giappone ripensano all'ostracismo verso i tatuaggi che si sta rendendo ostacolo non trascurabile nella campagna di reclutamento. I vertici della Jieitai stanno riconsiderando il divieto dei tatuaggi sui corpi dei loro soldati mentre sono alla ricerca di nuove reclute per Aeronautica, Esercito e Marina, da cercare in una popolazione che tende alla ridursi con un conseguente e naturale invecchiamento che impedisce il servizio attivo.

Prerogativa delle temute bande appartenenti alla Yakuza, organizzazione criminale famosa nel mondo per sfoggiare elaboratissime skin-art che in molti casi occupano la maggior parte dell'epidermide - complessi disegni che possono prolungarsi da sotto il collo fino agli avambracci e alle caviglie lasciando vergini solo le parti del corpo rimangono scoperte da una abito formale - i tatuaggi sono stati a lungo un tabù nel Giappone che, durante il periodo Edo, usava marchiare i criminali catturati con segni di inchiostro tatuato sulle mani, al fine di renderli riconoscibili dalle gente comune quale segno di "avvertimento" e ghettizzazione. Costrizione che sembra aver spronato le bande criminali della yakuza a coprirsi di tatuaggi proprio dove al contrario rimangono celati.

Adesso che il tatuaggio per i giovani giapponesi - come per i giovani di tutto il mondo - ha assunto un significato esclusivamente ornamentale, i funzionari del governo e delle Forze di autodifesa giapponesi che sono alla ricerca di nuovi soldati sostengono che il divieto sta ostacolando l'arruolamento. Suggerendo un ripensamento e una revoca di questo tabù, allineandosi alla scelta ratificata da molte forze armate della Nato.

Da quando le Forze di Autodifesa del Giappone sono risultate del 10% al di sotto del numero di effettivi richiesto, fallendo l'obiettivo prefisso dell'ultima campagna di reclutamento, personalità politiche e militari si trovate concordi con il deputato Masahisa Sato, il quale ha dichiarato: "Rifiutare i candidati solo perché hanno tatuaggi pone un problema in termini di miglioramento della base delle risorse umane". Dello stesso avviso è risultato essere il capo dell'ufficio del personale del ministero della Difesa, Kazuhito Machida, sostenendo come il divieto vada riconsiderato dato "il calo del tasso di natalità in Giappone". Risulta infatti che 125 milioni di giapponesi hanno avuto "meno di 800.000 nascite nel 2022", dati in calo rispetto agli oltre "due milioni registrati negli anni '70".

Per parte sua il primo ministro Fumio Kishida ha dichiarato che questo è il momento. "Ora o mai più" sostiene il leader politico giapponese eletto nel 2021, che intende affrontare che il problema della denatalità in un Giappone che, al pari della vicina Potenza cinese, deve fare i conti con l'invecchiamento della popolazione mentre gli investimenti nel compartimento difesa e nel rafforzamento di flotte ed eserciti suggerisce una mobilitazioni generalizzata nella regione dell'Indo-Pacifico preoccupata da future tensioni e instabilità. Dal Mar cinese meridionale alla complessa e delicate condizione dell'Isola di Taiwan.

Ciò ha anche aumentato la preoccupazione del Giappone nel riconsolidare le fila della Jieitai sono infatti le minacce teoriche rappresentate dall'ascesa della potenza della Cina, e dall'arsenale missilistico della Corea del Nord che in caso di escalation potrebbe tranquillamente mettere nel mirino dei suoi missili a medio raggio la capitale Tokyo. Non sono un casuali infatti le continue richieste avanzate al Giappone per "rivedere la sua costituzione pacifista" sancita nel dopoguerra, in modo da poter reagire più efficientemente - se si rivelasse necessario - alle minacce che serpeggiano nel Pacifico.

"Non è chiaro quando verrà presa la decisione finale, ma gli studiosi affermano che c'è stato un tempo in cui i tatuaggi erano comuni nella cultura giapponese. Ma gli incontri con gli europei nel 1800 hanno cambiato le cose" riporta la Bbc, chiamando in causa Yoshimi Yamamoto, antropologo culturale della Tsuru University, che ha condotto accurati e approfonditi studi sulla cultura del tatuaggio in Giappone e a Taiwan.

"L'Europa civilizzata" ha visto i tatuaggi su tutto il corpo sui giapponesi come "arretrati", sostiene Yamamoto che pure dovrebbe conoscere e ricordare la genesi e diffusione del tatuaggio tra gli aristocratici del Vecchio continente che se ne facevano vanto, sottolineando come il tabù dei tatuaggi nel Giappone del dopoguerra sia strettamente collegato alla yakuza e all'essere diventati "sinonimo di attività criminale". "Le persone tatuate sono temute quasi automaticamente", afferma Yamamoto, citando la "paura e il sospetto" che istillano nella popolazione che li nota sulle spiagge e nei luoghi pubblici come onsens (strutture termali, ndr), bagni e saune.

Chissà cose scriverebbe di tutto questo una penna affilata come quella del martire militarista

Yukio Mishima, che aveva il corpo inviolato da qualsiasi inchiostro, nutriva un attaccamento quasi sacrale per le tradizioni della sua antica Isola, ma idealizzava gli usi e i costumi occidentali impiegandoli come "metro di pensiero".

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