Con l'alto tradimento negli Stati Uniti non si scherza. Lo ha scoperto e vissuto sulla sua pelle Robert Philp Hanssen, ex agente dell'Fbi arrestato con l'accusa di spionaggio nel 2001, e incarcerato nel penitenziario di massima sicurezza ADX Florence: destinato a trascorrere il resto della sua vita in una gabbia di cemento 23 ore al giorno, con una sola ora d'aria, in isolamento, in una piscina vuota con una guardia penitenziaria a controllare le sue attività all'aria aperta. Ieri, 5 giugno, è morto dopo esser stato trovato privo di sensi nella sua cella. Aveva 79 anni.
Per due decenni, Hanssen, spia doppiogiochista con un bel sorriso amaro da sit-com americana, aveva trafugato e venduto informazione segrete per conto del Kgb e del Gru, rispettivamente servizio informazioni e intelligence militare di Mosca. I giornali allora scrissero che si trattava di "uno dei casi di spionaggio più dannosi della storia americana" dall'inizio della Guerra Fredda; sicuramente per il Federal Bureau of Investigation si trattò della "la spia più dannosa nella storia dell'ufficio" che aveva preceduto, e di molto, la creazione di apparati adeguati allo spionaggio come l'Oss prima e la poi Cia.
Si era venduto agli avversari di sempre per una contropartita di quasi un milione e mezzo di dollari, elargiti dai generosi agenti del Cremlino attraverso contanti, fondi bancari e diamanti; il suo profilo invece, quello di una talpa che si faceva chiamare semplicemente “B" , individuata all’interno dell’apparato di sicurezza americano dal controspionaggio, era costato 7 milioni di dollari, pagati dalla stessa Fbi ad un agente doppiogiochista del Kgb che fornì l’impronta digitale che conduceva a lui, Robert P. Hanssen, l’uomo che aveva vuotato il sacco agli amici di Mosca, rivelavano addirittura che il governo degli Stati Uniti “aveva scavato un tunnel sotto l'ambasciata sovietica a Washington per intercettare comunicazioni diplomatiche e di altro tipo”. Sorriso sornione e nessuno scrupolo, Hanssen non ha trafugato soltanto informazioni sensibili ma ha anche mandato a morire due agenti segreti russi bruciandone l’identità e denunciando che facevano il “doppio gioco” vendendo informazioni alla Cia. Almeno tre. Due per certo sono stati giustiziati in Unione Sovietica. Il terzo deve aver trovato il modo per riscattare la sua vita in tempo.
L'arresto di Hanssen avvenuto nel 2001, causò una brusca interruzione delle relazioni diplomatiche tra Mosca e Washington che, come di consuetudine, espulse ben 50 diplomatici sospettati di essere collegati con i servi segreti russi, provocando la stessa reazione a Mosca che rispedì negli Stati Uniti 50 diplomatici americani, ricorda Peter Baker sul New York Times, al tempo era corrispondente a Mosca. Al processo del 2002, dove gli veniva riconosciuta la colpevolezza indubbia per atti di spionaggio contro il suo Paese e almeno un’altra dozzina di imputazioni, Hanssen dichiarò che “se ne vergognava”: era scampato alla pena capitale ma non ai 15 ergastoli da scontare nel penitenziario di ADX Florence, dove altre spie come Harold Nicholson, ex ufficiale della Cia colpevole di aver venduto informazioni ai russi, e Noshir Gowadi, colpevole di aver fornito informazioni sui missili da crociera dei bombardieri B-2 ai cinesi, stavano già scontando la loro pena.
Secondo le ricostruzioni, dopo essere entrato nell’Fbi nel 1976 con incarichi legati nel controspionaggio, Hanssen, che aveva accesso a informazioni riservate di alto livello, aveva accettato di fare la spia per l'Unione Sovietica prima dell’inizio del 1980, quando attraverso la Amtorg, un'organizzazione commerciale sovietica nota per essere una copertura intelligence militare, iniziò a fornire le prime informazioni in modo poco professionale ma efficace. Dopo una lunga pausa riprese nel 1985 utilizzando metodi più adeguati come le comunicazioni crittografie per nascondere la sua identità agli agenti russi. Tra i dati sensibili forniti dal Kgb rientravano “specifiche capacità di raccolta di informazioni satellitari”, allora tecnologia pionieristica e altamente desiderabile dagli avversari in Unione Sovietica che sarebbe crollata nel giro di un lustro.
Dopo il crollo del muro di Berlino e quello dell’intero apparato sovietico, Hanssen, che aveva iniziato a condurre una doppia vita divisa tra la famiglia numerosa, l’affiliazione all’organizzazione ultracattolica all’Opus Dei, e le perversioni sessuali con millantate amanti esotiche, riprese a spiare l’America per conto Svr, erede diretto del Kgb per la nuova Federazione Russa che non ha mai abbandonato le vecchie abitudini da Guerra Fredda, nel 1999.
Venne colto sul fatto mentre lasciava dei documenti riservati in un sacco della spazzatura in un quello che le spie chiamano in gergo "dead drop” (punto morto come metodo di lasciare informazioni per essere ritirate da terzi, ndr). Dopo l’individuazione della gola profonda della Cia Aldrich Ames - operante a Roma, arrestato nel 1994 e al momento detenuto nel Federal Correctional Institute in Pennsylvania - Hanssen aveva interrotto la sua attività di spionaggio, ma il richiamo del denaro o del suo dovevano averlo richiamato all’appello nonostante il timore di un epilogo imminente. In base a quanto raccontato, pare che al momento dell’arresto abbia esordito ai suoi colleghi del Bureau: “Cosa vi ha fatto perdere così tanto tempo?”. Umorismo amaro che si addicie al sorriso nelle foto diffuse in rete.
Rifiutato dalla National Security Agency quando aveva fatto domanda per una posizione in crittografia, “ossessionato” da James Bond e dall’affascinante ambiente dello spionaggio che pare lo avesse addirittura spinto ad aprirsi un conto bancario in Svizzera quando era poco più di un ragazzo, Hanssen era definito un uomo brillante quanto fragile, diviso tra ambizione, vizio, forse mera avidità e rivalsa. La strada al controspionaggio gli venne concessa dall’Fbi, ma il risentimento per il suo profilo di basso cabotaggio e gli incarichi “inadeguati”, lo spinsero a tradire gli Stati Uniti per vendetta, megalomania e denaro. Come scrive bene il giornalista Guido Olimpio nel suo libro La danza delle ombre, le ragioni che motivano le spie doppiogiochiste, il più delle volte.
Quando è stato trovato privo di sensi nella gabbia di cemento di tre metri per due, supino tra l'arredo essenziale imbullonato a pavimento e pareti dove avrebbe dovuto trascorre il resto della sua vita, le guardie penitenziarie hanno lanciato l’allarme, ma non c’è stato nulla da fare: la “spia della porta accanto” era morta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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