L’ultimo delirio woke: “La Turandot è razzista”

L’incredibile trovata del Metropolitan Opera di New York: un disclaimer per avvertire che l’opera di Giacomo Puccini sarebbe piena di “distorsioni e stereotipi razziali”

L’ultimo delirio woke: “La Turandot è razzista”
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Stiamo toccando il fondo, ma non sembra interessare a nessuno. I diktat della religione woke sono sempre più pervasivi e a rimetterci è il buonsenso, letteralmente distrutto da questo iper-progressismo totalmente inutile. L’ultimo delirio dei risvegliati chiama in causa Giacomo Puccini, il compositore lirico più eseguito nel mondo dopo Verdi e Mozart. Siamo negli Stati Uniti, al Metropolitan Opera di New York: in scena c’è la “Turandot”. Sul sito internet, rivolgendosi ai potenziali acquirenti dei biglietti, è spuntato un “trigger warning” da fare accapponare la pelle: sintetizzando, il capolavoro ambientato in Cina è razzista.

La nota firmata da Christopher Browner evidenzia che la “Turandot” - versione Zeffirelli, per l'aggiunta - potrebbe essere potenzialmente offensiva perché “piena di contraddizioni, distorsioni e stereotipi razziali”. “Non dovrebbe sorprendere che molti paganti di origine cinese abbiano avuto difficoltà a guardare mentre la loro stessa eredità veniva cooptata, feticizzata o dipinta come selvaggia, assetata di sangue o arretrata”, si legge ancora. Purtroppo non si tratta di una boutade, ma dell’ennesima follia woke che attenta il senno di tutti noi.

La prima della “Turandot” al Met si è tenuta lo scorso 28 febbraio e andrà avanti fino al 7 giugno. Un appuntamento atteso da molti appassionati e con biglietti fino a 500 dollari. Eppure, per qualche solone, si tratta di un “capolavoro problematico”. Atarah Hazzan, 88 anni, una soprano che si è esibita al Met e ha interpretato la "Turandot" negli anni Ottanta, non ha utilizzato troppi giri di parole ai microfoni del New York Post: “Non ho mai sentito parlare così di un’opera. Il Met è diventato molto sensibile su molte cose”. Purtroppo il trigger warning del Met non ha sorpreso.

Dopo la morte di George Floyd, l’amministrazione ha abbracciato la religione woke, promettendo di diventare “un’organizzazione antirazzista, equa e inclusiva”, con tanto di Chief Diveristy Officer. Un trend preoccupante.

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