La procura di Roma ha individuato dieci punti per sostenere l'accusa di omicidio e tortura nei confronti dei quattro agenti dei servizi segreti egiziani, imputati (assenti) nel processo di primo grado in Corte d’Assise a Roma per l'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore triestino ucciso al Cairo nel 2016. Nell’ordinanza pronunciata nelle scorse ore si legge contro Regeni sono stati compiuti "atti di brutale e gratuita violenza fisica e di inflizione di sofferenze corporali personali che non possono che avere prodotto, per la loro imponenza, gravissimo dolore e tormento in senso stretto, in un crescendo che ha originato l'evento morte, anche a voler trascurare il dato del patimento psicologico".
I punti chiave del processo Regeni
Il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco ha sintetizzato i punti chiave del processo nell'aula Occorsio, durante la presentazione delle liste dei testi e delle prove. Innanzitutto, il computer di Giulio Regeni consegnato agli investigatori italiani dai genitori che "contiene dati preziosi per ricostruire fatti e smentire falsi testimoni", ha detto Colaiocco riferendosi più volte al sindacalista Abdallah, amico del ricercatore, "che poi lo ha tradito".
Altro caposaldo dell'accusa è costituito dalle immagini delle telecamere della stazione metropolitana del Cairo dove Regeni doveva essere passato, secondo il tracciato del suo telefono, alle 19.51 del 25 gennaio 2016, giorno della sua scomparsa. Immagini che le autorità egiziane "hanno acquisito in ritardo nonostante le insistenze delle autorità italiane", ha detto Colaiocco sottolineando che, una volta acquisite e consegnate all'Italia, "mancavano proprio i dieci minuti successivi alle 19:51".
L’ordinanza della Corte d’Assise
Le condotte contestate a Ibrahim Magdi di inflizione al corpo di Giulio Regeni di gravi lesioni personali di natura fisica all'origine dell'indebolimento e della perdita permanente di più organi attraverso strumenti di tortura e mezzi contundenti di varia natura (calci e/o pugni, strumenti atti all'offesa quali bastoni e mazze) sino a cagionarne la morte, con la connessa contestazione circostanziale delle aggravanti delle sevizie e della crudeltà, quand'anche rubricate nell'unica fattispecie che al tempo lo consentiva in attuazione del principio di legalità "possono agevolmente ricomprendersi nel concetto più puro e minimale di tortura, così come allora vivente nell'ordinamento e semplicemente esplicitato in via postuma dall'art. 613 bis del codice penale" ha affermato in aula la presidente Paola Roja.
Identica conclusione per i giudici, deve assumersi anche per i restanti imputati, Sabir Tariq, Mohamed Ibrahim Athar Kamel, Helmi Uhsam, ai quali è contestato il delitto di sequestro di persona aggravato, pur senza il concorso nei reati direttamente lesivi dell'integrità fisica di Regeni.
Le modalità esecutive prescelte per il sequestro, di per sé induttive di grave sofferenza psichica e di prostrazione morale - si legge ancora nell'ordinanza del tribunale di Roma - aggiunte alla mortificazione corporale, "non possono che essere ispirate a quelle finalità essenziali della tortura pubblica di tipo punitivo e/o intimidatorio".
Accuse e prove
Per i giudici della Corte di Assise di Roma, sono infondate le eccezioni poste dalle difese in merito "alla mancata identificazione degli imputati ovvero alla sua assoluta incertezza". Da un lato, infatti, le generalità con cui gli imputati sono stati tratti a dibattimento, talora leggermente difformi da quelle esistenti nei documenti provenienti dalle Autorità egiziane in ragione di profili di traslitterazione tra lingua araba e caratteri alfabetici occidentali, sarebbero frutto di autodichiarazioni degli stessi, peraltro pubblici ufficiali, rese in pari atti pubblici.
Da un "Paese amico" come l'Egitto "ci si aspettava una collaborazione, che invece non c'è stata", ha affermato ancora Colaiocco, presentando la richiesta della lista testi e delle prove nel processo in corso a Roma per l'omicidio di Regeni.
"Non spetta a noi valutare le scelte egiziane", ha detto Colaiocco, aggiungendo: "Non vogliamo entrare nel merito del perché l'Egitto non ha voluto svolgere indagini preliminari complete", e neanche del motivo per cui "non ha voluto partecipare a quelle italiane". Ricordiamo che mi studente dell'università di Cambridge nel 2016 si trovava in Egitto per studiare il fenomeno dei sindacati dei commercianti ambulanti egiziani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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