La neonata di troppo in adozione. L'etica "spazzatura" dei genitori

La cronaca viene dall'America: Catherine e il marito desiderano un bambino e così arriva Elizabeth

La neonata di troppo in adozione. L'etica "spazzatura" dei genitori
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La cronaca viene dall'America: Catherine e il marito desiderano un bambino e così arriva Elizabeth. Una figlia voluta, come si suol dire. Eppure, in poco tempo, la gioia di quella nascita si trasforma prima in angoscia e poi in disperazione. Qualcosa non va come dovrebbe: mamma Catherine è triste. Certo, allatta la piccola e la cambia quando è necessario, ma proprio non desidera passare del tempo con lei. Quando la figlia piange non la consola. O meglio: non le viene spontaneo farlo. Non solo: più sta con la bambina, più Catherine sogna di tornare al lavoro. E così fa. Prova a organizzarsi come può: al mattino è il marito a stare con Elizabeth, mentre di pomeriggio ci pensa la nonna.

Dopo mesi, però, i due genitori si guardano in faccia e si rendono conto che quella vita proprio non fa per loro. Che «tenere la piccola potrebbe distruggere la nostra relazione» perché «non si adatta al nostro stile di vita». Così decidono di darla in adozione. La nonna - che non condivide questa scelta e che, soprattutto, si è affezionata a Elizabeth - decide di prendere la neonata con sé. La coppia è salva, la bimba, invece, è un po' più orfana.

Il paradosso sta tutto in quella frase pronunciata dal padre: «La bambina avrebbe dovuto adattarsi al nostro stile di vita». Come se una neonata potesse farlo. Come se essere genitori non fosse, prima di tutto, essere responsabili di un esserino che non può far nulla da solo. Neppure sopravvivere autonomamente.

Da genitori si è costretti, per piacevole

(anche se spesso impegnativa) scelta, a un cambio radicale che impone sacrifici: che non vuol dire immolarsi a tutti i costi, ma sforzarsi di rendere sacra la realtà. Soprattutto davanti a una bimba che chiede di essere amata.

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