Fra la Disney e il governatore repubblicano della Florida, Ron DeSantis, è guerra aperta e senza esclusioni di colpi. Anche sotto la cintura. Dopo aver firmato, alla fine di febbraio, un disegno di legge che ha come obiettivo quello di porre fine allo status speciale della multinazionale e di mettere così il gigante dell'intrattenimento e il suo parco a tema sotto il controllo dello Stato, DeSantis ha annunciato, durante una conferenza stampa a Lake Buena Vista, in Florida, una serie di misure contro Disney, inclusa la possibilità di costruire sui 40 chilometri quadrati di terreno che confinano con il distretto dove sorge il parco a tema.
Tra le varie ipotesi, l'esponente repubblicano ha lanciato l'idea provocatoria di costruire una prigione federale nei pressi di Disney World. "Chi lo sa? Penso solo che le possibilità siano infinite", ha detto DeSantis. Non solo. Il papabile candidato alla presidenza ha annunciato che la prossima settimana potrebbe presentare un nuovo disegno di legge che imporrebbe nuovi stringenti regolamenti da applicare al parco tema: a tal proposito, il commissario per l'agricoltura della Florida, Wilton Simpson, ha dichiarato alla conferenza stampa che il nuovo disegno di legge gli consentirà di ordinare al suo personale di ispezionare le giostre nei grandi parchi a tema per determinare se sono o meno sicure. Nelle scorse settimane DeSantis ha inoltre lanciato l'idea di aumentare le tasse sugli hotel Disney e imporre pedaggi sulle strade che portano ai suoi parchi a tema.
Lo scontro sullo status speciale
Conosciuto come Reedy Creek Improvement District, il distretto speciale nacque a seguito di un accordo del 1967 tra lo stato e la Walt Disney Company. Questo suo status speciale ha consentito alla società di operare come un vero e proprio governo municipale, con un suo consiglio di vigilanza: ciò significa che il colosso avrebbe potuto persino costruire il proprio aeroporto o una centrale nucleare, se lo avesse voluto. C'è però un grosso problema: come spiega il New York Times, l'abolizione del distretto, programmata per il 1° giugno di quest'anno e voluta da DeSantis, avrebbe avuto implicazioni negative per i contribuenti delle contee di Orange e Osceola, che avrebbero dovuto pagare un conto salato a Disney World per i servizi di protezione antincendio, di presidio del territorio (la polizia) e, banalmente, di manutenzione stradale.
Il distretto aveva anche un debito di circa 1 miliardo di dollari verso lo Stato: se il distretto fosse stato abolito, quel debito sarebbe stato trasferito alle contee. Cercando di scongiurare tutto ciò, i legislatori della Florida hanno deciso - per il momento - di consentire alla Disney di mantenere lo status speciale. Anche perché, nelle scorse settimane, Walt Disney ha fatto appello a una sconosciuta clausola regale che, di fatto, limita fortemente i poteri dei membri del consiglio di sorveglianza nominati da DeSantis. Un escamotage che sta mettendo in difficoltà il governatore e la sua strategia.
In buona sostanza, l'8 febbraio scorso, prima che s'insediasse il consiglio voluto da DeSantis, nella sua ultima riunione, il consiglio d'amministrazione fedele della Disney ha siglato un accordo che limita drasticamente il controllo che può essere esercitato sulla società e sul suo distretto. Nell'accordo si vieta inoltre al successivo consiglio di amministrazione di utilizzare il nome Disney o di uno qualsiasi dei suoi personaggi. Tale accordo, si legge nel documento, "rimarrà in vigore fino a 21 anni dopo la morte dell’ultimo sopravvissuto dei discendenti del re Carlo III, re d’Inghilterra, in vita alla data di questa dichiarazione”, afferma il documento. La mossa ha fatto infuriare il governatore repubblicano, che il 27 febbraio ha sostituito tutti i membri del vecchio consiglio con cinque repubblicani.
"Don't say gay", com'è nata la guerra tra DeSantis e Disney
La discordia nasce dalla contestata legge voluta dai repubblicani che vieta la discussione in classe di questioni relative all'identità di genere nelle scuole primarie dello Stato e che i progressisti hanno soprannominato "Don't say gay".
Messa sotto pressione dalle associazioni Lgbtq e dai dem, nel marzo dello scorso Disney ha pubblicamente contestato ufficialmente la legge, promettendo di intraprendere vie legali per abrogarla. Una presa di posizione che non è affatto piaciuta al governatore e papabile candidato alla presidenza, Ron DeSantis, che è immediatamente passato alla rappresaglia contro il colosso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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