La crisi in Medio Oriente e un misterioso sabotaggio: perché si rischia una nuova guerra del gas

Il gas torna a essere l'arma della geopolitica di queste ore. Crisi in Medioriente e il misterioso sabotaggio al BalticConnector fanno impazzire i mercati: a chi conviene questo scenario?

La crisi in Medio Oriente e un misterioso sabotaggio: perché si rischia una nuova guerra del gas

Da sabato scorso, l'effetto immediato della recrudescenza del conflitto in Medioeriente è senza dubbio uno: la guerra in Ucraina finita in secondo piano. Un corollario che genera la più semplice delle domande: cui prodest?

Crisi in Medio Oriente, un nuovo gasdotto sabotato: quale regia?

Questo interrogativo, al di là delle rivendicazioni di Teheran e di Hezbollah, porterebbe a un solo profilo: la Russia di Vladimir Putin. Questa congettura, tuttavia, pur non essendo affatto campata in aria, non possiede al momento alcuna prova a sottenderla. Nel frattempo, mentre il teatro mediorientale si infiamma, a quasi un anno dal sabotaggio del Nord Stream, il Baltico vive un nuovo cold case, anche questo legato al gas.

Che vi sia o meno la mano di Mosca dietro l'attacco a Israele, così come al sabotaggio del gasdotto BalticConnector, gli effetti sortiti sono senza dubbio utili al Cremlino, come ricorda Federico Fubini dalle colonne del Corriere della Sera. Negli ultimi sei mesi del 2022, lo zar aveva scagliato contro l'Europa l'arma del gas, facendo leva sulle vie tradizionali di approvvigionamento che legano Asia ed Europa. Un'arma spuntata, tuttavia, poichè l'Unione è stata in grado, con notevole celerità, di voltarsi verso nuovi attori energetici, puntando soprattutto sul gas naturale liquefatto (Gnl) e riducendo significativamente i suoi consumi. Così la guerra del gas sembrava essersi placata con la fine del 2022. Ma le cose sono andate diversamente e le tensioni degli ultimi giorni potrebbero, indirettamente, far rimpiangere i flussi da Mosca.

Lo spettro di una nuova guerra del gas

Con l'attacco di Hamas, in senso contrario alle stime, il prezzo del metano è cresciuto più di tutte le altre materie prime: +36% a fronte del 3,6% per il Brent e 10% per il gas naturale extra Ue. Il mercato, già in tensione di suo, ha subito i contraccolpi della crisi mediorientale-per via della sospensione dell'estrazione dal giacimento di Tamar decisa da Israele- e del sabotaggio nel Baltico.

Per ciò che riguarda Tamar, il colosso statunitense dell'energia Chevron, gestore del bacino idrico situato al largo della costa di Ashkelon, ha comunicato che il Ministero dell'Energia israeliano ha ordinato la sospensione temporanea della produzione dell'impianto in relazione alla situazione venutasi a determinare nello scorso fine settimana. Il giacimento di Tamar è un'importante fonte di gas naturale e senza i suoi rifornimenti le centrali elettriche del Paese dovranno utilizzare altri combustibili per soddisfare la domanda di elettricità. "Il fabbisogno energetico dell'economia sarà soddisfatto da combustibili alternativi", ha affermato il ministero. Secondo quanto riferisce Bloomberg, che cita funzionari egiziani, lo stop ha ridotto del 20% a 650 milioni di metri cubi al giorno l'import di gas israeliano in Egitto, mentre non avrebbe subito interruzioni la produzione al ben più grande giacimento israeliano Leviathan. Il ministro del petrolio del Cairo aveva annunciato la scorsa settimana l'intenzione di riprendere l'export di Gnl, dopo lo stop di giugno, agosto e settembre. Ma la riduzione dei flussi da Israele, il cui gas viene processato assieme a quello domestico per produrre Gnl, potrebbe avere degli impatti su questi piani. Intanto, il prezzo del gas in Europa continua a correre, con i future trattati ad Amsterdam che si riportano sui massimi da metà giugno in scia ai timori per lo stop: la fermata del maxigiacimento, infatti, rischia di avere ripercussioni sull'export del gas naturale liquefatto egiziano in Europa, che il Cairo ha auspicava di riprendere ad ottobre dopo lo stop estivo.

Quanto al sabotaggio del BaltiConnector, sebbene riguardi un gasdotto minore, sta comunque contribuendo ad agitare le acque del mercato del gas. Resta stabile, invece, il petrolio e il motivo è semplice: se Israele sta agendo contro Hamas senza l'intenzione dichiarata di voler estender il conflitto all'Iran, da Washington la richiesta è la medesima: non trascinare un così importante produttore di petrolio nel conflitto, sebbene ne sia probabile artefice. Non a caso, nelle ultime ore, da Washington si è cercato più volte di frenare sulle accuse rivolte a Teheran: "Non ci sarebbero le prove", ha ribadito perfino il segretario di Stato Blinken. Sulla linea dura con l'iran, non a caso, continua invece a battere il Gop. Con le elezioni del 2024 fra 12 mesi, gli Stati Uniti-o meglio Joe Biden e i democratici- non possono permettersi quest'altro rischio sociale e internazionale.

Cos'è il BalticConnector, il gasdotto sabotato

Domenica scorsa, nel bel mezzo del caos generale scatenatosi in Medio Oriente, un gasdotto e un cavo sottomarino fra Finlandia ed Estonia sono stati danneggiati. Si tratta del BalticConnector, il gasdotto che collega le due nazioni: l'infrastruttura è stata danneggiata, nella notte tra sabato 7 ottobre e domenica 8, secondo il governo finlandese da "attività esterne". Il punto di perdita del gasdotto Balticconnector tra la Finlandia e l'Estonia si trova nell'area economica della Finlandia: secondo una prima valutazione, il danno non potrebbe essersi verificato a causa del normale utilizzo del gasdotto o dalle fluttuazioni della pressione. Le autorità finlandesi hanno avviato un'indagine che viene condotta dalla polizia criminale.

I sospetti si concentrano su un possibile sabotaggio da parte della Russia di Vladimir Putin. La domanda è perché Mosca avrebbe interesse a danneggiare questo connettore, visto che l'infrastruttura ha una certa rilevanza per la regione ma non per l'approvvigionamento di gas europeo. La reazione del Cremlino sembra essere stata di immediato sdegno, giudicando "allarmante" la notizia del danno subito dal gasdotto, alla luce del precedente "attacco terroristico" al Nord Stream nel Mar Baltico, e attende "informazioni più dettagliate", secondo quanto riferito dal portavoce Dmitry Peskov citato dalla Tass. Ma la reazione dura viene anche dalla Nato: "Affronteremo quanto avvenuto nel mar Baltico con i danni causati a infrastrutture sottomarine essenziali [...]la cosa importante adesso è stabilire come è successo. Se dovessero esserci prove che si sia trattato di un attacco volontario a infrastrutture della Nato, ci sarà una risposta unita e determinata da parte della Nato". Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, nel punto stampa con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al quartier generale della Nato a Bruxelles.

Un gasdotto "minore"

Il Balticconnector collega Inkoo in Finlandia e Paldiski in Estonia, la sua sezione sottomarina corre per 77 km attraverso il Golfo di Finlandia, braccio orientale del Mar Baltico che si estende verso est nelle acque russe e termina nel porto di San Pietroburgo. Il gasdotto è gestito congiuntamente dall'operatore estone Elering e dall'operatore finlandese Gasgrid, ciascuno dei quali possiede una quota del 50%. Può trasportare fino a 7,2 milioni di metri cubi di gas al giorno, in entrambe le direzioni. La pipeline è stata inaugurata nel dicembre 2019 per contribuire a integrare i mercati del gas nella regione, offrendo alla Finlandia e alle nazioni baltiche di una maggiore flessibilità di approvvigionamento.

Nelle primissime indagini gli investigatori finlandesi non hanno trovato alcun segno dell'uso di esplosivi, ma l'Istituto norvegese di sismologia ha rilevato una "probabile esplosionè nell'area della perdita". Secondo l'operatore di telecomunicazioni Elisa, oltre al gasdotto, un "disturbò ha interessato il cavo sottomarino delle telecomunicazioni che collega la Finlandia e l'Estonia attraverso il Golfo di Finlandia". Il gasdotto non sarà rimesso in servizio prima dell'aprile 2024: lo ha annunciato sul suo sito web l'operatore finlandese del sistema di trasporto del gas Gasgrid.

L'operatore ha assicurato che il sistema polacco di trasporto del gas funziona stabilmente, le forniture vengono effettuate attraverso il terminale Gnld nel porto di Inkoo, che, come ha assicurato la società, può fornire al Paese i volumi di gas necessari, anche in inverno.

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