"È impossibile che la Repubblica popolare cinese sia la madrepatria di Taiwan", ha recentemente dichiarato il presidente taiwanese William Lai, di fronte all'escalation delle tensioni tra Taipei e Pechino. Considerato dalle autorità della mainland un "separatista" testardo e provocatore che potrebbe provocare una guerra nello Stretto di Taiwan, Lai dà l’impressione di non voler cedere a compromessi con Xi Jinping (o chi per lui). Tuttavia, quasi quotidianamente, le navi da guerra e i jet del gigante asiatico si avventurano nei pressi dell’isola, tra esercitazioni militari e sortite ambigue, aumentando la pressione sul governo conservatore locale. C’è chi teme che la Cina, da un momento all’altro, possa lanciare un’offensiva su Taiwan per porre fine all’indipendenza de facto di quella che il Partito Comunista Cinese considera una "provincia ribelle". La realtà potrebbe però essere diversa, almeno a giudicare dalla presunta strategia messa in campo dal Dragone. Che in questo caso sta facendo di tutto per assomigliare ad un’anaconda...
L’allarme del comandante della Marina taiwanese
Nel corso di un'intervista rilasciata al settimanale Economist, l'ammiraglio Tang Hua, comandante della Marina taiwanese, è stato chiaro: "Il Pla (inteso come Esercito Popolare di Liberazione cinese ndr) sta usando la strategia dell’anaconda per schiacciare l'isola". Che cosa significa? Semplice: che le forze cinesi stanno "lentamente ma inesorabilmente" aumentando la loro presenza attorno a Taipei. "Sono pronti a bloccare Taiwan in qualsiasi momento vogliano", ha spiegato riferendosi ad alcuni dati a suo dire inequivocabili.
Il numero di incursioni aeree dell’esercito cinese attraverso la linea mediana, il confine di fatto al centro dello Stretto, è infatti aumentato di oltre cinque volte, dai 36 mezzi rilevati a gennaio ai 193 monitorati ad agosto. Anche il numero di navi è aumentato, raddoppiando da 142 a 282 nello stesso lasso di tempo preso in esame. Queste imbarcazioni, ha sottolineato l’alto funzionario militare taiwanese, si stanno anche avvicinando a Taiwan proprio lungo la sua zona contigua, ovvero a 24 miglia nautiche dalla sua costa pattugliando intere aree per giorni e non più per poche ore.
Fino ad agosto 2022, l’esercito cinese aveva operato principalmente nel sud e nell'ovest di Taiwan, attorno al canale di Bashi tra l'isola e le Filippine. La frastagliata costa orientale di Taipei, sede di hangar per aerei costruiti sotto le sue montagne, era considerata più sicura e più difficile da raggiungere. Qualcosa è però cambiato, visto che Pechino ha normalizzato i pattugliamenti in quella zona e che circonda ormai regolarmente l'isola via mare e via aria.
La strategia dell’anaconda
Le aumentate pattuglie del Pla stanno mettendo a dura prova la Marina di Taipei. La Cina ha il doppio delle fregate e dieci volte più cacciatorpediniere. Taiwan deve spesso schierare il 25-50% delle sue navi da combattimento solo per eguagliare le pattuglie della Cina. "Ti mettono pressione estrema, pressione, pressione. Stanno cercando di esaurirti", ha specificato l'ammiraglio Tang.
Mentre la Marina cinese si avvicina sempre di più all'isola, Taiwan si concentra su come evitare lo scontro. "Il Pla sta cercando di costringere Taiwan a commettere errori", ha aggiunto ancora l'ammiraglio Tang, e cerca "scuse" per innescare un blocco. Ecco perché i leader militari di Taipei hanno emanato quest'anno nuove regole di ingaggio che definiscono l'uso etico e legale della forza per autodifesa.
In ogni caso, anche se le forze armate di Taipei praticano moderazione, i suoi decisori stanno lavorando con gli alleati su come mantenere aperte le linee di comunicazione marittime qualora dovesse concretizzarsi un blocco.
Taiwan sta anche cercando aiuto internazionale – attraverso la ricezione di armi dagli Usa e dialogando con i partner - per resistere alla pressione cinese. Ma potrebbe non bastare se l’anaconda dovesse stringere troppo forte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.