Tra i sostenitori di Alexei Navalny è sempre più forte la convinzione che la morte dell’oppositore di Vladimir Putin non sia avvenuta nel modo in cui hanno dichiarato le autorità russe, l’assurda “sindrome da morte improvvisa” dopo una passeggiata. Un sentimento, questo, rafforzato dal fatto che del corpo si sono perse le tracce e che, a quanto pare, nel giorno in cui il dissidente è deceduto le telecamere della colonia penale dove era rinchiuso non funzionavano.
La madre di Navalny, Lyudmila, è arrivata nel carcere di massima sicurezza Ik-3 assieme all’avvocato dell’uomo, ma non ha potuto vedere la salma trattenuta per i “necessari esami” che potrebbero durare anche un mese. Le è stato riferito che si trovava nell’obitorio di Salekhard, contattato da diverse persone che hanno ricevuto tutte la stessa risposta: il corpo non è lì. Il sistema carcerario russo è un colosso burocratico malfunzionante, ma data la delicatezza del caso è improbabile che vi siano stati dei disguidi. Ad alimentare i sospetti, vi sono altre incongruenze con la versione ufficiale che stanno emergendo con il passare dei giorni.
I funzionari della colonia penale hanno detto che Navalny si è sentito male attorno alle 13:00, durante l’ora d’ara, e che è deceduto alle 14:20. Il dissidente, però, aveva detto ai suoi che la “passeggiata” gli veniva alle 6:30 del mattino, l’ora più fredda della giornata. Un altro detenuto, inoltre, ha raccontato alla Novaya Gazeta che nel carcere vi era grande agitazione già durante la notte del 15 febbraio e la mattina presto del 16: macchine in arrivo, reclusi riportati in fretta nelle loro celle. L’idea era che fosse successo qualcosa di grave. Un sito internet legato all’opposizione, Sota, ha affermato di essere venuto a conoscenza del fatto che Navalny è stato lentamente avvelenato nei suoi ultimi quattro mesi di vita. Una tesi, questa, indimostrabile visto che l’autopsia verrà condotta dalle autorità legate al Cremlino.
In ogni caso, dal suo arresto nel 2021 l’oppositore di Putin ha vissuto in condizioni che sono andate via via peggiorando. È finito 27 volte in isolamento, per un totale di 300 giorni. A dicembre, ha trascorso venti giorni in viaggio dalla colonia di Vladimir all’istituto di Kharp nei territori artici, dove diverse testimonianze hanno riferito di celle umide e piene di muffa, cibo di pessima qualità, acqua spesso razionata e appelli in piedi due volte al giorno, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.
Olga Romanova, capo della Fondazione “Russia che sta dentro”, ha raccontato anche di casi di detenuti portati all’aperto dai secondini in giornate gelide e colpiti con secchiate d’acqua. Anche prima di giungere nella sua prigione di ghiaccio, Navalny soffriva di problemi di salute che non erano mai stati curati con le dovute attenzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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