Quasi 5mila armeni del Nagorno-Karabakh hanno abbandonato l’enclave conquistata dall’esercito azero e sono ritornati in patria. Sono i primi civili che riescono a lasciare la regione dopo i dieci mesi di blocco imposto da Baku sul corridoio di Lachin, l’unica via che collegava la regione contesa ai territori sotto il controllo di Erevan.
L’evacuazione di massa degli abitanti di etnia armena dall’auto-proclamata repubblica è iniziata domenica, quattro giorni dopo la decisione del governo dell’enclave separatista di deporre le armi. Inizialmente, gli sfollati sono stati radunati nelle strutture delle forze di pace russe, dispiegate nel territorio dall’autunno 2020. Dopo la conferma che Baku avrebbe concesso un passaggio sicuro, le autorità di Stepanakert hanno organizzato 30 autobus per il loro trasferimento, scortati dai peacekeepers di Mosca. Inoltre, Baku ha assicurato che tutti i cittadini desiderosi di lasciare il Nagorno-Karabakh potranno farlo una volta terminato il rimpatrio dei rifugiati. Circa 3mila persone hanno attraversato il confine con l’Armenia già il primo giorno. Di questi, quasi mille hanno deciso di recarsi nelle loro abitazioni o presso dei familiari, mentre 1100 sono ospitati in un centro umanitario nella città di Kornidzor, a circa 150 chilometri dall’enclave conquistata dagli azeri.
L’operazione-lampo dell’esercito di Baku, che in 24 ore ha posto fine ad un conflitto iniziato con la caduta dell’Unione Sovietica, ha costretto decine di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, esposte al saccheggio da parte dei conquistatori. Il primo ministro di Erevan Nikol Pashinyan si è detto pronto ad “accogliere con affetto i nostri fratelli e sorelle del Nagorno-Karabakh”, dove prima del blitz azero vivevano circa 120mila armeni “che non vogliono vivere come parte dell’Azerbaigian e temono il pericolo di una pulizia etnica”.
#NagornoKarabakh - #Artsakh: Azerbaijani forces have now shared videos showing soldiers looting the homes of Armenians displaced by Azeri attacks on Artsakh. pic.twitter.com/T73v3udclA
— POPULAR FRONT (@PopularFront_) September 24, 2023
Lo scontro tra i due popoli ha radici profonde e, nel corso degli anni, è stato abbondantemente foraggiato dalle istituzioni di entrambi i Paesi. Come riportato da Al Jazeera, il consigliere per gli affari esteri del presidente azero ha dichiarato che il suo governo ha chiesto agli abitanti dell’enclave “un dialogo diretto sul loro futuro, che includerà l’integrazione politica e problemi di natura economica e sociale”.
Gli osservatori internazionali, però, temono che la situazione possa degenerare. “La politica di odio nei confronti degli armeni dura da decenni. Non si ferma da un giorno all’altro”, ha detto Sheila Paylan, un avvocato che si occupa di questioni umanitarie e livello internazionale. “Nonostante le rassicurazioni di Baku, non c'è alcuna base ragionevole per credere che gli abitanti del Karabakh saranno tutelati in termini di sicurezza o di diritti. In questo momento sono molto in pericolo”.
Per questo, il governo di Erevan ha chiesto alle Nazioni Unite di intervenire, con l’invio di una forza di peacekeeping e di una missione che monitori sul rispetto dei diritti umani da parte dell’Azerbaigian.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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