Il Giappone è alle prese con un problema particolarmente serio: ha troppo pesce invenduto. È questa la conseguenza indesiderata dello stop alle importazioni deciso dalla Cina in seguito al rilascio delle acque reflue della centrale nucleare di Fukushima nel Pacifico. I fornitori di prodotti ittici nipponici stanno lottando per immettere i loro prodotti su mercati alternativi ma è dura rimpiazzare un cliente come Pechino. E il risultato è che i freezer delle aziende di pesca si stanno letteralmente riempiendo di pesce e altri prodotti ittici impossibili da piazzare. Con danni economici sempre più evidenti.
Il problema del Giappone
Le importazioni del pesce giapponese in Cina sono diminuite del 67% in agosto rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, toccando la quota di circa 3 miliardi di yen (20,2 milioni di dollari), ha fatto sapere l’emittente NHK, citando i dati della dogana cinese. La mossa di Pechino di sospendere l'acquisto dei prodotti marittimi di Tokyo ha scatenato un conflitto diplomatico tra i due Paesi e un aumento del sentimento anti-giapponese in Cina, al punto che molte imprese e uffici diplomatici giapponesi hanno denunciato un enorme numero di chiamate offensive.
Accanto a tutto questo, c'è un inevitabile problema economico. Stando ad un sondaggio della Fisheries Agency, i prezzi delle capesante a Hokkaido e in altre tre prefetture del Giappone sono crollati dall’11 al 27% dal momento esatto in cui la Cina ha chiuso i rubinetti delle sue importazioni. Ricordiamo che la Cina è il più grande mercato estero per i prodotti ittici giapponesi, seguita da Hong Kong. E che l’anno scorso, il Giappone ne aveva esportati oltre la Muraglia per un valore di 83,6 miliardi di yen (562,9 milioni di dollari). Le capesante, nello specifico, avevano toccato gli 48,9 miliardi di yen, seguite dai cetrioli di mare a 9,8 miliardi di yen.
Pesce invenduto
L’impatto del divieto cinese non ha però toccato soltanto le imprese nazionali. Si stima, infatti, che ogni anno dalle 30.000 alle 40.000 tonnellate di capesante con guscio venissero esportate in Cina, lavorate lì e poi spedite negli Stati Uniti. Gli acquirenti americani ed europei hanno fatto sapere che diventerà difficile fornire prodotti al Nord America a meno che le stesse capesante giapponesi non possano essere importate oltre la Muraglia.
In uno scenario del genere non è chiaro che fine farà il pesce giapponese invenduto. Trovare altri mercati risulta complesso, per non parlare degli effetti sul prezzo dei singoli prodotti. Il calo della domanda cinese farà probabilmente abbassare i prezzi dei prodotti, con danni più o meno gravi per le aziende ittiche del Giappone. Tokyo sta preparando misure ad hoc per alleggerire la pressione sui pescatori e altri lavoratori del settore, compreso lo stimolo della domanda e sostegni finanziari agli imprenditori danneggiati.
L’isteria è comunque alle stelle, in primis per via delle cifre in ballo.
Nel 2022 le esportazioni di prodotti marini verso Pechino avevano raggiunto un valore di 160 miliardi di yen, poco più di 1 miliardo di euro, pari a circa il 40% del totale delle spedizioni estere in termini di valore. Nel frattempo, il pesce invenduto del Giappone attende una sistemazione alternativa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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