C'è una sottile linea rossa che collega Taiwan, Filippine, Cina e Usa. Negli ultimi mesi la rivalità tra Manila e Pechino è schizzata alle stelle. Colpa di vecchie questioni marittime irrisolti, di scogli e isolotti contesi, certo, ma anche della questione taiwanese. Già, perché Washington ha aperto ancor di più il suo ombrello militare sull'alleato filippino, mentre quest'ultimo – nella persona del presidente Ferdinand Marcos Jr. - ha lasciato intendere di voler combattere una sfida su due fronti. Il primo riguarda il Mar Cinese Meridionale, dove ci sono le antiche dispute irrisolte con il Dragone; il secondo si rifà al dossier taiwanese. Le Filippine fungono infatti da hub militare strategico per gli Stati Uniti, che dal territorio filippino possono effettivamente creare grattacapi al governo cinese. È per questo motivo, dunque, che il vero obiettivo della Cina coinciderebbe con Taiwan: per Xi Jinping, una volta risolta la pratica Taipei, tutto il resto smetterebbe di rappresentare un problema.
"Il vero obiettivo della Cina" nel Mar Cinese Meridionale
Questa, almeno, è la ricostruzione offerta da Bloomberg, secondo il quale uno dei motivi per cui la Cina è così desiderosa di indebolire le Filippine, consiste nel fatto che indebolire Manila danneggerebbe anche Taiwan. Del resto molte delle isole filippine distano meno di 100 chilometri dalle coste taiwanesi. Entrambe, poi, fanno parte della First Island Chain, la prima catena di isole formata da una serie di governi amici di Washington nel Pacifico.
Dunque, anche se adesso l'epicentro delle tensioni nel Mar Cinese Meridionali sembrerebbe essersi spostati da Taiwan alle Filippine, c'è chi giura che la vera partita continuerà a giocarsi a Taipei. Secondo Jonathan Malaya, vicedirettore del Consiglio per la sicurezza nazionale delle Filippine, Taiwan sarebbe la vera priorità di Pechino. "È la loro guerra civile incompiuta. Le Filippine sono secondarie. Quello che stanno facendo è inviare un messaggio agli altri Paesi con cui hanno delle controversie: non andate e non seguite il sistema delle Filippine, perché è così che reagiremo. Questa è parte della normale intimidazione e coercizione cinese contro altre nazioni", ha spiegato.
Il clima non è per niente sereno. Marcos Jr. è ben consapevole dei pericoli tanto che, in un'intervista rilasciata a Nikkei Asia nel febbraio dell'anno scorso, ha dichiarato che se dovesse verificarsi un conflitto attorno a Taiwan sarebbe "molto difficile immaginare uno scenario in cui le Filippine non vengano in qualche modo coinvolte". Il mese scorso, inoltre, durante una visita alle truppe filippine in un campo militare nella provincia di Isabela, nella regione settentrionale di Cagayan, ha ribadito il concetto: "La minaccia esterna ora è diventata più pronunciata, è diventata più preoccupante, ed è per questo che dobbiamo prepararci".
Alta tensione
La preparazione è in effetti in corso d'opera. Nel 2023, Manila ha compiuto un passo avanti consentendo agli Stati Uniti di accedere a nove basi militari dislocate sul proprio territorio, comprese quattro identificate nell'aprile dell'anno scorso. La vicinanza delle strutture a Taiwan e al Mar Cinese Meridionale fa sì che gli Usa abbiano adesso a disposizione un'impronta militare più ampia nella regione, e che saranno in grado di disperdere le proprie forze più ampiamente.
I legami più stretti tra Stati Uniti e Filippine hanno portato la Cina ad aumentare la pressione su Manila. Pechino ha insomma constatato la brusca virata del governo Marcos verso gli Stati Uniti. E le esercitazioni militari congiunte annuali di Balikatan, tenutesi ad aprile, hanno ulteriormente consolidato questa visione.
Agli occhi del Dragone, la soluzione per risolvere il rebus filippino potrebbe tuttavia trovarsi altrove: ovvero nello Stretto di Taiwan. E Taiwan, come detto, risulterebbe essere il vero (e unico) obiettivo del Dragone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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