
Era un albero come tanti, in una foresta come tante del Mozambico. Eppure conservava, nel silenzio della terra, un segreto: il corpo di Almerigo Grilz, il primo giornalista italiano caduto su un fronte di guerra dopo la Seconda guerra mondiale. Quell’albero di mutongo, trovato vent’anni da Gian Micalessin, da oggi sarà diverso da tutti gli altri perché Fausto Biloslavo ha affisso una targa che ricorda l’amico e giornalista ucciso. “È stata un’emozione - racconta Francesca Caruso, assessore alla Cultura di Regione Lombardia e grande sostenitrice del Premio Almerigo Grilz - Era due anni che ci lavoravamo e vedere Biloslavo, sotto quell’albero con la targa in mano, è stato davvero commovente. Una soddisfazione incredibile, una tra le più belle del mio mandato fino ad ora”.
La Regione infatti ha deciso di credere in questo contest da subito: “Sosteniamo concretamente i progetti che coinvolgono i giovani e ringrazio il Presidente Attilio Fontana per aver condiviso e supportato questa iniziativa. Questo è un premio di giornalismo di guerra che, crediamo, possa diventare sempre più un premio nazionale ed internazionale”. Anche perché, in questo momento storico, il giornalismo in presa diretta, quello che Almerigo praticava e che gli è costato la vita quel 19 maggio del 1987, è tornato al centro delle cronache, sempre più colpite da nuove e vecchie guerre. “È la mia speranza più grande - prosegue la Caruso - Perché con questo concorso si dà, attraverso i premi per i vincitori (qui per candidarti), la possibilità concreta di andare nei luoghi dove accadono i fatti e raccontarli senza filtri. E potranno farlo i giovani reporter, che sono quelli più in difficoltà, anche perché non è un mestiere facile. È importante che le istituzioni mostrino un aiuto concreto”. Ma non solo. L’assessore sottolinea come il premio quest’anno “uscirà da palazzo e ci saranno diverse serate dedicate in tutta la Lombardia: andremo a Bergamo, a Brescia e Varese, solo per citare alcune città. Quest’idea segue un po’ quello che è il mio ideale di cultura, che va trascinata fuori dalle istituzioni e dai musei per portarla tra la gente e nei quartieri. Credo fermamente infatti che la cultura sia un antidoto al degrado”.
Ed è così che una storia, che poi è una vita che si è interrotta in Mozambico quasi quarant’anni fa e
che molti hanno cercato in tutti modi di far dimenticare, è tornata ad essere raccontata. E non poteva essere diversamente visto che ha a che fare con Almerigo, che ha passato ogni momento della sua esistenza a cercarle.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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