Il dubbio sul complice e il silenzio sul movente: continua il giallo del delitto di Garzeno

Proseguono le indagini sull'omicidio dell'ex sindaco Candido Montini. Il parroco ai funerali: "Non laviamoci la coscienza e non puntiamo il dito"

Il dubbio sul complice e il silenzio sul movente: continua il giallo del delitto di Garzeno
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«Ora che la giustizia ha trovato il colpevole, non laviamoci la coscienza e non puntiamo il dito. Anche il riprovevole gesto che è costato la vita a Candido può essere l’epilogo di tante piccole trascuratezze che si sono accumulate».
Hanno lasciato il segno le parole pronunciate giovedì 7 novembre nella chiesa di San Bernardino a Catasco di Garzeno (Como) da don Francesco Bernasconi, il giovane sacerdote che ha celebrato le esequie di Candido Montini, l’ex vicesindaco 76enne ucciso a coltellate a casa sua, nella piccola frazione della Valle Albano, il 24 settembre scorso. Un’inchiesta che ha portato in carcere un 17enne residente con la famiglia proprio nel paesino e risolta grazie al lavoro certosino dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Como guidati dal tenente colonnello Francesco Spera, che hanno indagato con i colleghi dell’aliquota del Nucleo operativo radiomobile della compagnia di Menaggio (Como) e con quelli del Reparto Crimini violenti del Ros, nonché l'apporto determinante del Ris di Parma.

A Catasco cattiverie e omertà

E a proposito di «puntare il dito» ricordiamo che durante l’inchiesta a Catasco, località di appena 110 abitanti, erano stati in molti, troppi, a indicare subito dopo il ritrovamento del cadavere come possibili autori del delitto i due figli del povero Montini. Che, gravati anche da questo dolore, si sono invece comportati in maniera molto dignitosa e sono stati particolarmente collaborativi con i carabinieri, impegnati in una inchiesta per omicidio resa ancora più difficile proprio dall’omertà dei residenti.

Dopo la confessione, gli interrogativi sul movente

Sul minore, che dopo tre giorni trascorsi nell’istituto penale per minorenni «Cesare Beccaria», il 25 ottobre ha ammesso di essere responsabile dell’omicidio di Montini e di aver «perso la testa», restano molti, troppi interrogativi. La Procura dei minori di Milano, nella persona della presidente Maria Carla Gatto, dopo l’interrogatorio di garanzia e la convalida della misura cautelare in carcere, in un comunicato aveva sottolineato l’esistenza tra i giovani «di un gravissimo e allarmante disagio che non viene tempestivamente intercettato né dalla famiglia, né dalla scuola, né dalle diverse agenzie del territorio». Da allora, quasi a voler creare una ulteriore rete di protezione attorno al minore autore dell’omicidio, non sono emersi ulteriori spunti utili all’ambito investigativo dove l’inchiesta procede per individuare il vero movente del delitto. Per quale ragione il ragazzo - G. M., trapper con un piccolo lavoro in una falegnameria - avrebbe ucciso Candido Montini? Da cosa origina la furia che avrebbe indotto un ragazzo di appena 17 anni a sferrare contro l’anziano addirittura 28 coltellate?

La ricostruzione degli ultimi attimi di vita di Montini: il "nodo" del pranzo

Ma vediamo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta. Montini aveva appena finito di pranzare quando venne ucciso nel suo appartamento. E l’assassino agì a ridosso del suo ultimo pasto, non più tardi delle 13.20. I carabinieri del Nucleo investigativo di Como e la pm Myriam Iacoviello della Procura dei minori hanno incrociato le testimonianze, il referto del medico legale (che aveva fissato l’ora della morte del 76enne tra le 12 e le 16) e, soprattutto, i risultati dell’autopsia. Era stato proprio l’esame autoptico infatti ad accertare come il contenuto dello stomaco della vittima fosse intatto al momento della morte. Il processo di digestione non era quindi cominciato. Montini, uscito poco dopo mezzogiorno dal suo negozio di alimentari come testimoniato dagli abitanti di Catasco, era stato sorpreso in casa dopo aver finito di lavare i piatti.

L’alibi (fasullo) fornito dalla madre al ragazzo

Un dettaglio, quello del pasto, decisivo per contestare l’alibi del 17enne fermato per l’omicidio. La madre del ragazzo, infatti, ha fornito una versione che non ha convinto gli investigatori. Secondo la donna, quel giorno avrebbe accompagnato il figlio a Dongo per la lezione di guida intorno a mezzogiorno. Ma la prima telecamera che inquadra il passaggio dell’auto della madre verso il lago, lo registra alle 14.16 del 24 settembre. Una circostanza che colloca i due a Catasco in un lasso di tempo che coincide perfettamente con quello della morte di Montini.

Resta l’ombra del complice

Ed è anche per questo che sono in corso approfondimenti sulla presenza di un eventuale complice del ragazzo nel delitto dell’ex vicesindaco. Siamo sicuri che abbia fatto tutto da solo? Un interrogativo legittimo per chi indaga.

Il dna inchioda infatti il 17enne alle sue responsabilità e, poco prima dell’arresto, a casa del ragazzo era stato ritrovato un coltello uguale a quello usato per il delitto. Tuttavia finché non sarà ricostruita l’esatta dinamica dell’omicidio e non emergerà con chiarezza il movente, l’inchiesta sull’omicidio Montini è tutt’altro che chiusa.

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