Lo stupro avvenuto a Palermo: una violenza atroce, avvenuta la sera dello scorso 7 luglio, davanti alla quale è difficile stare zitti, proprio perché l'atto in sé si presta facilmente a un processo pubblico e alla gogna mediatica, talvolta, però, portati agli estremi.
Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Cristian Barone, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Elio Arnao, R. P. Sono questi i nomi dei sette indagati, accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza di 19 anni.
Sette ragazzi, tra i 18 e i 21 anni – anche se uno di loro era ancora minorenne al momento dei fatti – i cui nomi sono saliti alla ribalta della cronaca degli ultimi giorni. Uno di loro, in particolare, fa discutere: Christian Maronia, 19enne. Sui social, soprattutto su TikTok, girano diversi video, apparentemente pubblicati dopo l’arresto, di lui che sembrerebbe continuare a godersi la vita, come se nulla fosse. Anzi, sembrerebbe addirittura postare filmati semi-ironici in cui sminuisce l’accaduto.
In verità, però, si tratta di un profilo fake: sotto il nome utente @christianmaronia_, infatti, si possono trovare alcuni dei filmati TikTok diventati virali, il primo di questi pubblicato non più di 24 ore fa. Nelle descrizioni, o direttamente nelle didascalie, si leggono frasi del tipo: “Non ero in me quando questo è successo ed è brutto sentirsi dire certe cose”, “Io non mi ritengo colpevole di nulla”, “Quando tutta Italia ti incolpa per una cosa privata ma nessuno sa che sei stato trascinato dai tuoi amici”, “Con che coraggio la gente insulta gli innocenti”.
Parole che, molto probabilmente, sono volte a provocare e convincere le persone che si tratti di un secondo profilo: “Questo è un messaggio per tutte le persone che mi insultano sull’altro profilo e molto probabilmente anche qua”, si legge nel primo video postato. Maronia, però, verrà sentito appena nella giornata odierna dal gip per l’interrogatorio di garanzia ed è dunque, fino a oggi, ancora sotto arresto.
Perciò, mettersi a postare video su TikTok è una cosa che al 19enne è attualmente preclusa. Secondo quanto riporta Repubblica, si potrebbe trattare anche di un profilo creato da amici o parenti del ragazzo, che, forse addirittura insieme a lui, avrebbero pensato un secondo profilo per difendere Maronia con filmati realizzati ad hoc. Una ricerca sulla piattaforma social permette, però, di rinvenire il profilo vero del ragazzo, su cui è possibile ritrovare i video apparentemente rubati dall’altro profilo. Uno di questi, che lo ritrae seduto davanti a una tenda bianca, con didascalia e contesto completamente diversi, risale al 14 settembre dello scorso anno ed è stato ripreso dal profilo "fake", spacciandolo per un filmato recente, un altro risale invece a novembre sempre del 2022.
Non si tratta di difendere il ragazzo, questo spetterà ai suoi avvocati in sede di processo, ma di porre l’attenzione su una questione molto pericolosa: quella del processo mediatico. L’accanimento sui social, con malauguri, commenti e insulti gratuiti che si esaurisce entro breve tempo dall’accaduto, rischia di silenziare quello che dovrebbe essere una riflessione più approfondita del caso. Una riflessione che in realtà sta avvenendo, ma che, appunto, finisce per sparire nella polemica social, stando allo stesso gioco di quei ragazzi che, volendo far sparire la ragazza, l'hanno deumanizzata a una "gatta".
La creazione di un account fake intestato a Marione e i numerosi commenti sotto i post dimostrano l’uso spesso irresponsabile che viene fatto dei social media e delle notizie che circolano su di essi. Come la sottoscritta è riuscita a trovare l’account vero del ragazzo in pochi secondi, così anche gli altri utenti dovrebbero ricordare di verificare sempre la veridicità di una notizia, un post, una dichiarazione, cosa che alcuni hanno anche fatto.
Ma non è tutto. I social media spersonalizzano ciò che si vede: bombardate da notizie tutti i giorni, le persone perdono la propria sensibilità, alla quale rischia di sostituirsi una macabra curiosità, dimostrata dal semplice fatto che nelle ultime ore si stanno accumulando le ricerche su Telegram del video che riprenderebbe lo stupro. Senza andare ad approfondire altre eventuali motivazioni che potrebbero spingere qualcuno a volerlo visionare, di natura ben peggiori.
In tutto questo viene poi dimenticata la ragazza, a cui resterà in eredità un archivio di contenuti che rimarranno per sempre in circolazione, contenenti le parole, le immagini e i
dolorosi ricordi di quella notte. Senza parlare di quei commenti che, apparentemente, chiamano la vittima per nome. Una cosa che, per tutelare la privacy della 19enne, non andrebbe mai fatto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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