20 anni di assenze su 24 di servizio: per la professoressa di storia e filosofia arriva il provvedimento di destituzione. Il caso a Chioggia, in provincia di Venezia.
Cosa è successo
Il fatto alcuni anni fa. Era stata la dirigente di una scuola secondaria di Chioggia a segnalare il caso al Miur (ministero dell'Istruzione e del Merito), sollecitando dei controlli. Gli ispettori del Miur avevano effettuato tre giorni di ispezione, riscontrando delle effettive anomalie. Sposata con un ufficiale della Guardia di Finanza, la docente era destinataria di assegnazioni annuali. Tante le ore di assenze in 24 anni di carriera, addirittura 20. La donna aveva provato a tornare in cattedra, ma le sue lacune erano purtroppo risultate evidenti. In soli quattro mesi continuativi di lezione, la professoressa era stata oggetto di lamentele da parte degli stessi studenti, che avevano parlato di impreparazione e casualità nell'assegnazione delle valutazioni. Non solo. I ragazzi avevano raccontato che l'insegnante si presentava in classe senza portare neppure i libri di testo indispensabili per le lezioni.
Un quadro davvero negativo, che aveva infine fatto scattare l'ispezione ministeriale, avvenuta nel marzo 2013. Secondo i tre inviati del Miur la docente aveva effettivamente presentato delle modalità "incompatibili con l'insegnamento". Il Miur aveva inoltre constatato una scarsa cura nel preparare le lezioni, ed evidenziato anche altre lacune. Da qui la decisione di procedere nei confronti della professoressa, che però aveva presentato ricorso.
La decisione della Cassazione
In questi giorni la delibera della Cassazione. Nel tentativo di difendersi, la docente aveva cercato di appellarsi alla libertà di insegnamento, e nel 2018, in primo grado, il tribunale aveva dichiarato illegittimo il provvedimento. La controversia, però, è andata avanti.
I giudici della Cassazione non le hanno dato ragione, confermando il provvedimento di destituzione nei suoi confronti, già stabilito nel 2021 dalla Corte di Appello di Venezia nel 2021. L'insegnate è stata accusata di "inettitudine permanente e assoluta". Il ricorso della donna è stato respinto dalla Cassazione, in quanto "la liberà di insegnamento in ambito scolastico è intesa come autonomia didattica diretta e funzionale a una piena formazione della personalità degli alunni, titolari di un vero e proprio diritto allo studio".
Non vi è dunque, sottolinea la Suprema Corte, una libertà fine a se stessa. Libertà di insegnamento, si legge nella sentenza 17897 della Sezione Lavoro riportata da Ansa, "non significa che l'insegnante possa non attuare alcun metodo o che possa non organizzare e non strutturare le lezioni".
Nei tre giorni di controllo, gli ispettori del Miur avevano registrato tante problematiche, come scarsità d'attenzione e uso continuo del cellulare. Elementi che non hanno ovviamente convinto a dare fiducia alla docente.
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