"No ai cpr". "Apri casa tua". Scontro a Ferrara tra il vescovo e il sindaco sui migranti

Botta e risposta sul'ipotesi della nascita di un Cpr nella zona dell'ex aeroporto. Il primo cittadino leghista, Alan Fabbri, replica: "Parla di accoglienza solo perché queste persone restano lontane dal suo percorso quotidiano"

"No ai cpr". "Apri casa tua". Scontro a Ferrara tra il vescovo e il sindaco sui migranti
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Scontro al vetriolo a Ferrara tra due importanti figure rappresentative della città emiliana: da una parte il vescovo, Gian Carlo Perego, e dall'altra il sindaco, Alan Fabbri. Tutto nasce da una presa di posizione del responsabile della diocesi ferrarese, che è anche presidente della fondazione Migrantes della Cei, contro l'ipotesi della nascita di un Centro di primo rimpatrio nella zona dell'ex aeroporto. "Perché un Cpr a Ferrara?", si è chiesto il vescovo, che parla di una "provincia con meno immigrati e con meno espulsioni di tutta la regione Emilia-Romagna". Secondo Perego "Ferrara ha già un carcere, anche per reati di mafia, soffre economicamente più di tutte le province dell'Emilia-Romagna e non ha un porto importante sull'Adriatico. E allora perché un Cpr a Ferrara?".

Le parole del vescovo della città

La risposta che si dà è che forse Ferrara sarebbe diventata "una città più in sintonia con il governo delle migrazioni di Salvini e Piantedosi". È quindi sbagliato "sviluppare l'idea di una 'città carcere', luogo di reclusione, più che di inclusione, luogo di rifiuto più che di accoglienza, luogo di negazione dei diritti più che di tutela dei diritti". Secondo il vescovo Perego, la comunità avrebbe più bisogno "di luoghi aggregativi per i giovani, di un Auditorium per ospitare eventi nazionali, di altri collegi universitari, magari d'eccellenza". E allora perché non pensare a "più case per i migranti lavoratori e le loro famiglie e i rifugiati, di progetti Sai di integrazione, per andare incontro anche alla grande richiesta di lavoratori stagionali e permanenti sul piano agricolo, di camerieri per gli alberghi della città e dei Lidi, di operai e artigiani?". La conclusione del sacerdote è chiara: "Più che una città carcere il futuro di Ferrara dovrebbe essere quello di una città aperta, inclusiva, che sappia accogliere, tutelare, promuovere e integrare chi viene da un'altra città italiana o Europea e da un altro Paese del mondo".

La dura replica del sindaco di Ferrara

Praticamente immediata è stata la replica del primo cittadino del comune ferrarese sull'espressione "città carcere". "Secondo me è l'esatto contrario. Sono i cittadini a sentirsi in carcere quando questi soggetti invadono strade e parchi, tessono accordi con la criminalità locale instaurando un clima di paura in città, costringendo i residenti a non poter godere più dei propri spazi in tranquillità". Alan Fabbri risponde pubblicamente al vescovo di Ferrara sul proprio profilo Facebook. "Le guerre con machete e le rivolte sono ancora un ricordo vivo tra i ferraresi, frutto di un'accoglienza indiscriminata e del suo relativo business, che abbiamo sempre denunciato e gradualmente abbiamo smantellato. Basti pensare alla convenzione tra Asp e Prefettura sulla gestione dell'accoglienza, immediatamente stracciata al mio arrivo, che prevedeva un ingresso fino a 1.500 persone - sottolinea il sindaco della Lega -. È bello parlare di accoglienza, di umanità, di diritti, come il nostro Vescovo, ma solo fino a quando queste persone restano lontane dal proprio percorso quotidiano". La puntura finale è tutta dedicata a Gian Carlo Perego.

"In Curia non so quanta di questa gente ci vive o ci abbia vissuto con tutte le crisi umanitarie che abbiamo visto in questi anni. Gli consiglio di fare meno lettere ai giornali e di impiegare quel tempo a spalancare le porte, quelle di casa sua, non solo a Cristo ma anche a queste persone e poi ne potremo riparlare".

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