Le ambulanze a disposizione a Roma sono 150, nel Lazio 250. A fronte dei 5,8 milioni di abitanti in Regione e dei 2,8 solo nella Capitale. Numeri troppo bassi, a maggior ragione perché di queste 250 una buona parte sono ormai troppo vecchie. Il 65% di queste appartiene ad Ares mentre il resto a enti di volontariato come Crroce rossa italiana, Misericordia e Pubblica Assistenza. Altre sono noleggiate da privati con contratti di convenzione. Si sta cercando di ammodernare il parco auto con l'acquisto di 30 nuovi mezzi e alcune gare sono in fase avanzata. La speranza è che si concludano il prima possibile dal momento che le ambulanze prese solo 4 mesi fa hanno già percorso 60mila chilometri. Gli equipaggi sono composti da autista, infermiere e a volte il barelliere. Le centrali operative sono tre: Roma che si occupa di tutta la provincia tranne Civitavecchia, Rieti e Lazio Sud.
I problemi
Non solo le ambulanze utilizzate sono troppe poche e spesso fin troppo vecchie ma, ancor più grave, rimangono bloccate per ore e ore nei pronto soccorso romani e del Lazio. Questo non fa altro che ritardare il soccorso di altri cittadini che hanno bisogno e avere effetti nefasti per il sistema Ares 118. Ma perché restano così tanto tempo nei pronto soccorso? Perché ogni ambulanza ha una sua barella che viene agganciata all'interno dell'abitacolo dello specialissimo così da rimanere immobile durante il tragitto. Arrivati al nosocomio il paziente viene trasferito su uno dei letti semimobili in dotazione dei pronto soccorso dell'ospedale dove si arriva. Almeno così dovrebbe essere. La realtà, infatti, è ben diversa. I letti sono occupati da chi è già stato visitato e sta attendendo di essere ricoverato. Il malato, quindi, per mancanza di letti non può essere spostato dalla lettiga dove si trova e il 118 non può andarsene finché non recupera la sua postazione. Un terribile circolo vizioso che crea problemi all'intero sistema di emergenza. Come riporta il Corriere della Sera, ogni giorno sono 500 i malati da ricoverare in reparto. I reparti degli ospedali di Roma e Lazio, a causa dell'affollamento, non riescono ad assorbire completamente le richieste. Questo anche perché il via libera alla dimissione tarda a causa di mancanza di posti disponibili in strutture alternative. In particolare, per gli anziani che devono recarsi nelle Rsa, negli hospice o gli altri luoghi adibiti per la lungodegenza.
Perciò non basta solamente comprare più barelle o più ambulanze se mancano il filtro dei servizi territoriali, medici, personale sanitario e sicurezza. Il problema è alla radice e se ne deve occupare la politica quanto prima.
Qualche numero
Da gennaio a ottobre Ares Lazio ha accompagnato al pronto soccorso 260.500 persone. Oltre a loro, 34 sono deceduti in ambulanza e 6.230 sono stati trovati già senza vita. Inoltre, due cittadini su dieci rifiutano il trasporto all'ospedale dopo essere soccorsi dai sanitari. Lucia Di Vito, capo della centrale di via Portuense, sempre al Corriere, sottolinea: "Non siamo un 3570 eppure qualcuno ci scambia per taxi. Le visite domiciliari non sono di nostra competenza ma dei servizi territoriali.
Le ambulanze non si muovono su raccomandazione, partono in base al colore assegnato (bianco, verde, giallo, rosso)". Insomma, i soccorsi vanno chiamati quando si ha realmente bisogno e c'è in corso un'emergenza altrimenti si rischia di togliere il posto a chi ne potrebbe avere davvero bisogno e sta lottando tra la vita e la morte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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