"Almeno due persone sanno". Il cold case di Nada Cella tra domande e misteri insoluti

Tutti dubbi sul caso dell’omicidio di Nada Cella. La sorella: “Liberatevi la coscienza”

"Almeno due persone sanno". Il cold case di Nada Cella tra domande e misteri insoluti
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Non ha ancora una soluzione il caso dell’omicidio di Nada Cella, avvenuto a Chiavari il 6 maggio 1996. La giovane segretaria era nell’ufficio in cui lavorava, quello del commercialista Marco Soracco: fu proprio il professionista a trovarla agonizzante e a chiamare i soccorsi. Nada è stata colpita con un oggetto appuntito ma anche con calci e pugni. Le indagini si sono concentrata sullo stesso Soracco, su sua madre e su una donna che, è stato detto, potrebbe aver nutrito delle gelosie nei confronti di Nada: tutte le posizioni sono state però archiviate o prosciolte.

A UnoMattina Estate, nel segmento crime condotto da Alessandro Politi, è intervenuta in video Daniela Cella, sorella di Nada: “Mi rivolgo alla corte d'appello di Genova nella quale confido che possa nel più breve tempo possibile fissare una data. Inoltre volevo rivolgere un appello a chi sa, e so che sono almeno due persone, quello che è successo la mattina del 6 maggio 1996 a Chiavari in via Marsala 14. Vorrei che queste persone si liberassero la coscienza e parlassero e dicessero tutto ciò che è successo in modo da poter iniziare una vita priva di rimorsi”.

La famiglia di Nada non si è mai data per vinta nella ricerca della verità e in effetti ci sono alcuni dettagli che ancora non tornano. Per esempio, nei giorni precedenti all’omicidio, la mamma di Nada Marisa Bacchioni l’aveva trovata a piangere, e la figlia le avrebbe detto di non voler andare più a lavorare in quell’ufficio. Nada era tra l’altro al lavoro di sabato, perché avrebbe dovuto recuperare un floppy disk, ma il supporto non è mai stato ritrovato.

Sulla scena del crimine però stato trovato un bottone: altri bottoni simili sono stati rinvenuti a casa di Annalucia Cecere, la donna indagata e recentemente prosciolta. L’analisi comparativa non ha dato riscontri sufficienti, tuttavia sono stati resi noti i messaggi, dal contenuto minaccioso (“Ti faccio spappolare dai cani”), che sarebbero stati inviati da Cecere alla criminologa Antonella Pesce Delfino, alla quale si deve la riapertura del caso nel 2021.

Parte delle indagini parlano di una donna, vista da alcuni testimoni allontanarsi dal palazzo dell’ufficio di Soracco in motorino: in una testimonianza la donna sarebbe stata “sporca”, ossia avrebbe avuto le mani insanguinate, in un’altra avrebbe messo degli oggetti nel motorino per poi sfrecciare via.

Una delle testimoni però non fu considerata attendibile, mentre altri due, una madre con un figlio, si sarebbero confusi quando gli inquirenti gli mostrarono troppe fotografie per il confronto. Quindi non c’è mai stata una corrispondenza accertata sull’identità della donna avvistata.

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