Foggia, ucciso lo storico boss mafioso Salvatore Prencipe

Il boss Salvatore Prencipe è stato ucciso nei pressi della sua abitazione di Foggia da sicari a bordo di un'auto poi fatta trovare in fiamme dall'altra parte della città: ecco i fatti e chi era il capomafia

Foggia, ucciso lo storico boss mafioso Salvatore Prencipe
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È stato ucciso con due colpi di arma da fuoco (forse un fucile) uno storico capomafia di Foggia, il boss Salvatore Prencipe, 59 anni, ritenuto al vertice del clan Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese. L'omicidio è avvenuto in viale Kennedy, periferia del capoluogo che fa parte del quartiere Cep nella sera di ieri sabato 20 maggio, intorno alle ore 21.

Cosa è accaduto

Secondo le prime ricostruzioni, il boss si trovava dentro la sua auto nei pressi dell'abitazione quando è stato raggiunto da uno o più sicari a bordo di un'auto (probabilmente una Fiat Grande Punto) che hanno aperto il fuoco uccidendolo. La macchina è stata poi ritrovata dall'altra parte della città in fiamme in via Sprecacenere come scrive il Corriere: è chiaro che, così facendo, i sicari hanno eliminato ogni eventuale traccia mentre sono in corso le indagini della Squadra Mobile della Questura di Foggia. Alla base del gesto ci sarebbe stato un regolamento di conti tra i clan criminali dell'area foggiana che la Direzione nazionale antimafia considera tra le più pericolose dell'intero territorio nazionale.

Chi era il boss Prencipe

Mentre sono stati già disposti esami e perquisizioni per chiarire le esatte dinamiche dell'omicidio di ieri sera, il boss foggiano è stato un elemento di spicco soprattutto nel decennio compreso tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila: il 21 settembre 1999 era già sopravvisuto miracolosamente a un tentato omicidio quando si trovava davanti a un bar di Via Fania, il bar Elia, nel momento in cui due killer arrivati in moto aprirono il fuoco contro Prencipe e altri due esponenti mafiosi: tutti e tre rimasero illesi mentre morì un uomo che si trovava all'interno del locale per festeggiare il suo onomasticoi, il 62enne pensionato Matteo Di Candia a causa di un proiettile vagante.

Dopo alcuni anni in carcere per la condanna dell'inchiesta chiamata "Poseidon", gli ultimi anni facevano pensare a una sua uscita dall'ambito criminale ma i fatti di ieri fanno pensare che ci fosse rientrato o che non ne fosse mai uscito del tutto. "Il rituale dell’uccisione può essere pensato come un tentativo di eliminare qualcuno fisicamente – ha spiegato speso il magistrato Giuseppe Gatti, oggi in servizio alla Direzione nazionale antimafia come viene riportato dal quotidiano locale L'Immediato - Ma qui non stanno semplicemente cercando di eliminare qualcuno, stanno davvero cercando di cancellare qualsiasi ricordo di questa persona.

Sparare in faccia a qualcuno significa cancellare la sua memoria e non dare ai propri cari la possibilità di vederne il volto per l’ultima volta. Questo è un atto di estrema ferocia". Il riferimento è alla mafia foggiana che è nota per l'uso di fucili e del colpo inferto in pieno volto.

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