Una nuova indagine della procura di Ferrrara potrebbe far luce sul brutale omicidio di Willy Branchi. È quello che si augura il fratello Luca, che in un intervento a UnoMattina Estate, nel segmento crime condotto da Alessandro Politi, ha commentato: “Tra poco sono 36 anni che è venuto a mancare mio fratello. Speriamo di giungere a un risultato: è una lunga battaglia ma andremo sempre avanti”.
Trentasei anni sono tanto tempo: il 30 settembre 1988, a Goro in provincia di Ferrara, viene ritrovato nei pressi dell’argine del fiume Po, il corpo di Vilfrido Branchi detto Willy, un 18enne disabile al quale tutti volevano bene nella comunità. Il cadavere di Willy è nudo, il giovane è stato picchiato selvaggiamente con una pistola da macello che gli ha devastato i lineamenti, ed è stato derubato di tutto ciò che aveva con sé, vestiti compresi, tranne un portafogli che viene ritrovato lì vicino, vuoto. E c’è un ulteriore sfregio: la pistola da macello l’ha colpito in corrispondenza di uno zigomo. Un delitto efferato, insomma, quello di Willy, un delitto che scuote il paese per la giovane età della vittima, il fatto di essere benvoluto da tutti e naturalmente i dettagli della scena del crimine.
Le indagini partono subito e nel mirino degli inquirenti finisce un pregiudicato, Valeriano Forzati, che è l’ultima persona vista con Willy - i due vengono avvistati intorno all’una di notte, mentre alcuni testimoni avvertono mezz’ora più tardi un urlo agghiacciante. Qualche settimana più tardi Forzati uccide 4 persone in un pub della zona e poi fugge in Argentina. Viene scagionato alcuni anni più tardi per l’omicidio di Willy e l’indagine è archiviata.
Passano altri anni e, nel 2014, il fratello della vittima Luca Branchi riceve una lettera anonima, che fa riferimento a una presunta rete di festini con pedofili e un relativo traffico di denaro. Lo stesso anno l’allora parroco di Goro don Tiziano afferma al Resto del Carlino di conoscere il nome del responsabile e dei due complici dell’omicidio di Willy, ma successivamente, sebbene le indagini siano riaperte, ritratta, invocando il segreto confessionale e affermando che si tratti di voci di paese.
Già nel 1996 i carabinieri percorsero la pista della pedofilia, senza però trasmettere il fascicolo all’autorità giudiziaria.
Tra le altre piste seguite quella della rapina finita male e il regolamento di conti tra bande rivali sul traffico di droga. La pista della pedofilia resta però ancora quella più verosimile, avvolta in un velo di omertà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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