Omicidio della babysitter, l'autopsia: "Picchiata e soffocata a mani nude"

Sul corpo di Jhoanna Nataly Quintanilla Valle sono state trovate ferite compatibili con un'aggressione a mani nude. Il compagno, indagato per omicidio, aveva parlato di un gioco erotico finito male

Omicidio della babysitter, l'autopsia: "Picchiata e soffocata a mani nude"
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Jhoanna Nataly Quintanilla Valle, la babysitter salvadoregna di 40 anni uccisa nella la notte del 25 gennaio scorso dal compagno Pablo Gonzales Rivas, potrebbe essere stata picchiata e poi soffocata. È quanto emerge dal responso parziale dell'autopsia eseguita sul corpo della donna, ritrovato domenica 2 marzo nelle acque del fiume Adda a Zelo Buon Persico, nel Lodigiano. Gli esperti dell'Istituto di medicina legale di Pavia, dove è stato eseguito l'esame autoptico, hanno riscontrato "numerose ecchimosi" sul cadavere, circostanza che rafforza l'ipotesi di un'aggressione.

L'autopsia

Secondo i medici la 40enne potrebbe essere stata aggredita e poi "probabilmente soffocata". Le ferite non sarebbero state inferte con un coltello o altri oggetti, ciò significa che l'aggressore ha agito a mani nude. Ad ogni modo, bisognerà attendere l'esito degli esami istologici per capire quanti colpi siano stati inflitti alla donna quando era ancora in vita e quali ecchimosi potrebbero essere invece riconducibili alla lunga permanenza del cadavere in acqua (il corpo è stato ritrovato dopo un mese). Il responso sarà disponibile tra un paio di settimane.

La versione del compagno

L'esito dell'autopsia smentisce, almeno in parte, la versione fornita dal compagno della vittima. L'uomo, che si trova in carcere con l'accusa di omicidio volontario pluriaggravato e occultamento di cadavere, davanti al gip aveva parlato di un gioco erotico finito male. Durante l'interrogatorio di convalida del fermo, il 48enne aveva ammesso di aver provocato la morte della fidanzata, causandole la rottura del collo, ma che non aveva alcuna intenzione di ucciderla. Quando si sarebbe accorto che la compagna aveva smesso di respirare, sarebbe stato preso dal panico. A quel punto avrebbe deciso di nascondere il cadavere in un borsone da palestra e di abbandonarlo lungo la strada che conduce a Cassando D'Adda, nel Milanese.

Una versione ritenuta poco credibile dagli inquirenti, dal momento che l'indagato si era comportato come se nulla fosse accaduto fino al 31 gennaio, quando ha denunciato la scomparsa della donna. Inoltre avrebbe tentato di depistare le indagini, lasciando intendere che la 40enne avesse avuto preoccupazioni per il rinnovo del permesso di soggiorno. Tutte circostanze smentite dalle indagini.

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