Saman, il "clan degli Abbas" e il processo che ripercorre l'orrore di Novellara

Le motivazioni del primo grado di giudizio per comprendere il contesto nel quale è maturato l'omicidio

Saman, il "clan degli Abbas" e il processo che ripercorre l'orrore di Novellara
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Stando alle trasmissioni televisive di approfondimento sul tema, forse l’opinione pubblica si aspettava una sentenza diversa. Ma il processo di primo grado per il sequestro, l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Saman Abbas rappresenta solo il primo di tre passi che sono comuni a moltissimi casi che interessano la giustizia italiana.

Alla vigilia del processo di secondo grado, che interesserà l’ultima imputata che fino ad alcuni mesi fa era ancora latitante - la madre della vittima Nazia Shaheen, da alcune settimane estradata in Italia - “Un giorno in pretura” ripercorre appunto il processo in corte d’assise, per spiegare come mai si sia giunti alla sentenza d’ergastolo per la madre (in contumacia) e il padre Shabbar Abbas, 14 anni per lo zio Danish Hasnain, assoluzione per i cugini Ikram Ijaz e Nomanoulhaq Nomanoulhaq.

Oggi va in onda la seconda puntata sul processo, denominata “Il clan degli Abbas”, che punterà a chiarire il movente dell’omicidio, non solo il matrimonio forzato così come ipotizzato inizialmente dagli inquirenti, ma la relazione di Saman con il fidanzato Saqib Ayub, suggellata da un bacio social, che, a dire del fratello della giovane Ali Heider, avrebbe significato vergogna per la famiglia.

Ali Heider era minorenne all’epoca dei fatti e per la prima volta se ne vede il volto a “Un giorno in pretura”: il fratello di Saman ha accusato Danish di essere l’esecutore materiale del delitto e ha raccontato alcuni risvolti della vita di Saman prima di essere uccisa a Novellara nella notte successiva al 30 aprile 2021.

Ne emerge l’immagine di una ragazza estremamente controllata dalla famiglia, che non aveva un medico e alla quale era stata proibita l’istruzione dell’obbligo in una scuola italiana - dove l’obbligo si attesta fino a 16 anni, ma Saman aveva conseguito solo la licenza media. A processo si sono sollevate voci diverse sul punto, da Shabbar che ha affermato che la stessa Saman avrebbe rinunciato a studiare per ragioni logistiche, ad Ali che invece ha ribattuto che il padre non voleva che la figlia andasse a scuola, dove avrebbe potuto incontrare dei ragazzi.

L’impressione che si palesa allo spettatore è che quella che ai datori di lavoro italiani era apparsa inizialmente come una famiglia integrata, in realtà avrebbe tenuto sotto controllo le donne di casa, da Nazia a cui viene dato un tapis roulant affinché non passeggi all’aperto,

a Saman che, una volta fuggita dalla comunità in cui era stata collocata dai servizi sociali italiani, aveva ripreso a indossare abiti tradizionali. Una ragazza che aveva una “libertà che è meno di un cane”.

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