La paura delle donne e la ferocia inaudita: la storia di Marco Bergamo, il mostro di Bolzano

Marco Bergamo è stato condannato per aver ucciso cinque donne tra il 1985 e il 1995. E quelle teorie sul delitto di via Poma...

La paura delle donne e la ferocia inaudita: la storia di Marco Bergamo, il mostro di Bolzano

Una ferocia inaudita, una violenza senza pari. Sempre lo stesso modus operandi: decine di coltellate e una costante, evitare la regione genitale. Conosciuto anche come il mostro di Bolzano, Marco Bergamo rientra nell’elenco dei serial killer italiani più conosciuti ma la sua storia criminale presenta molte peculiarità singolari. A partire dal suo rapporto con le donne, molto diverso rispetto a quello dell’assassino seriale tradizionale.

Le difficoltà tra infanzia e adolescenza

Marco Bergamo nasce a Bolzano il 6 agosto 1966, figlio di padre operaio e madre casalinga. Già all’età di quattro anni gli viene diagnosticato un ritardo nel linguaggio, un fattore che reciterà un ruolo importante nei suoi problemi tra infanzia e adolescenza. Un carattere chiuso, introverso, che non migliora con il passare degli anni, complice l’obesità e la psoriasi.

Molto schivo, Marco Bergamo non ha tanti amici e anzi si fa notare per le abitudini piuttosto singolari. Ad appena tredici anni inizia a collezionare coltelli e ne porta sempre uno con sé. Abbandonata la scuola, inizia a lavorare: prima come saldatore e poi come carpentiere. Anni tutto sommato tranquilli, ma non mancano le problematiche fisiche: nel 1992, all’età di 26 anni, subisce l’asportazione di un testicolo.

Marco Bergamo diventa il mostro di Bolzano

Qualcosa cova dentro Marco Bergamo ed è legato indissolubilmente al suo rapporto con le donne. L’unica donna con cui si è sempre trovato bene è la madre: con le altre scontri e litigi, continuamente e senza salvezza. La paura nei confronti dell’altro sesso in questo caso scaturisce in odio, estendendo a tutto il genere femminile l’odio provato per le donne che ha incontrato sulla sua strada.

La prima vittima è Marcella Casagrande, studentessa di quindici anni, omicidio datato 3 gennaio 1985. Marco Bergamo sorprende la giovanissima vicina di casa alle spalle all’interno della sua abitazione e la colpisce con diverse coltellate. Un fendente raggiunge la decima vertebra della colonna vertebrale, mentre la colpisce a tiene per i capelli per poter affondare meglio la lama. Poi scappa. La minorenne verrà ritrovata riversa in terra in un fiume di sangue.

Il killer delle prostitute

Marco Bergamo torna a colpire sei mesi dopo, per la precisione il 26 giugno. Il mostro di Bolzano mette fine all’esistenza di Annamaria Cipolletti, insegnante delle scuole medie e prostituta. La donna viene assassinata con diciannove coltellate. Prima di lasciare l’abitazione, ruba alcuni indumenti intimi. Le autorità ritroveranno la giovane senza vita dopo poche ore: nonostante la presenza di preservativi nuovi e usati, nessuna violenza sessuale.

Marco Bergamo mostro di Bolzano

Il 7 gennaio 1992 è il turno di Renate Rauch. La ventiquattrenne cade nella trappola di Marco Bergamo e viene uccisa a coltellate, il suo corpo verrà rinvenuto nel parcheggio di un’area di servizio di via Renon a Bolzano. In questo caso il serial killer osa: pochi giorni dopo il funerale, lascia un mazzo di fiori con un biglietto con scritto "Mi spiace ma quello che ho fatto, doveva essere fatto e tu lo sapevi: ciao Renate! Firmato M.M”.

Il 21 marzo Marco Bergamo uccide la diciannovenne Renate Troger. La giovane di Millan accetta un passaggio lungo piazza Verdi, a Bolzano, e diventa la quarta vittima dell’assassino seriale. Anche lei viene scannata e colpita con decine di coltellate. Il suo corpo verrà ritrovato vicino a Campodazzo di Renon. Stessa fine, cinque mesi dopo, per Marika Zorzi. La ventenne, anche lei prostituta, viene finita con quasi trenta coltellate e abbandonata presso il secondo tornante della strada che conduce al Colle dei Signori.

Arresto, processo e morte

Subito dopo l’omicidio di Marike Zorzi, Marco Bergamo viene fermato da due agenti di polizia. Armato, sta uscendo da via Volta, lasciando Bolzano. I militari non sembrano avere dubbi: è lui il killer che sta terrorizzando la città. La conferma arriva nel corso dell’ispezione della macchina: vengono trovate tracce di sangue e soprattutto il documento di identità dell’ultima vittima nel baule della macchina. A completare il quadro l’assenza di uno specchietto retrovisore, rinvenuto in un secondo momento sul luogo del delitto di Marika Zorzi.

Interrogato dagli investigatori, Marco Bergamo ammette tre omicidi e nega ogni responsabilità a proposito dei casi di Anna Maria Cipolletti e Renate Troger. Nessun dubbio, invece, per la Procura, che lo accusa di tutti e cinque i delitti. L’8 marzo del 1994 il mostro di Bolzano viene condannato a quattro ergastoli e trent’anni di carcere.

Finito nella bufera per aver avuto accesso a un permesso premio nel 2005, Marco Bergamo nell’ottobre del 2017 viene trasferito urgentemente in ospedale per una grave infezione polmonare. Dopo dieci giorni di ricovero entra in coma senza più risvegliarsi, spegnendosi il 17 ottobre del 2017.

Il delitto di via Poma

Negli ultimi mesi il nome di Marco Bergamo è tornato di moda. Nel suo libro “Anatomia di un serial killer – Marco Bergamo, storia del mostro di Bolzano” (Athesia), Paolo Cagnan collega Bergamo al delitto di via Poma.

Nel corso dei decenni, diverse persone sono state indicate come il possibile killer di Simonetta Cesaroni ma per il giornalista l’ipotesi Bergamo non è da scartare: dalla dinamica omicidi aria al feticismo come elemento ricorrente, ci sarebbero dieci elementi a sostegno della tesi.

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