La lettera anonima che cambia tutto. Svolta nel giallo di Borgaro

È stato riaperto un caso di omicidio che risale a 11 anni fa: Marco Chisari fu seviziato, ucciso e bruciato.

La lettera anonima che cambia tutto. Svolta nel giallo di Borgaro

Due persone iscritte nel registro degli indagati a seguito di una segnalazione anonima. Potrebbe essere vicino a una svolta il giallo di Villaretto di Borgaro: qui, il 15 marzo 2012, fu trovato il corpo carbonizzato di un uomo, il 28enne Giovanni Marco Chisari. Era stato colpito alla testa con un oggetto contundente, forse un martello o una spranga, in testa gli era stato conficcato un chiodo. Poi il suo corpo, avvolto nel nylon e con le mani legate da un fil di ferro, era stato gettato in un fosso in campagna e incendiato. Alle fiamme aveva resistito un braccialetto con il suo nome inciso sopra.

A essere iscritti nel registro degli indagati sono il vigile del fuoco volontario Ivan Marcello Meloni e il fratello Alessandro Meloni, accusati rispettivamente di omicidio e favoreggiamento nella distruzione di cadavere. Il primo è stato interrogato ieri, accompagnato dal proprio legale Antonio Mencobello: “Lo conoscevo di vista, non ci siamo mai parlati. So che era un tossicodipendente. L’avevo incrociato qualche volta in giro per il quartiere”, ha raccontato riferendosi alla vittima. Vale la pena ricordare che in questo momento ci sono le indagini: se effettivamente verranno configurate delle ipotesi di reato, il caso dovrà attendere eventuale rinvio a giudizio e tre gradi di giustizia.

Inizialmente le indagini del tempo, che però approdarono in un nulla di fatto, si concentrarono su un presunto regolamento di conti. A quanto pare Chisari avrebbe commesso un furto nella casa di qualcuno legato alla criminalità organizzata, oppure se ne sarebbe solo assunto la colpa come ha suggerito qualcuno. Di recente in procura è giunta infatti una lettera anonima, in cui si suggeriva di collegare l’omicidio di Chisari a un furto accaduto pochi giorni prima “casa del suocero di Meloni, uno con diversi guai con la giustizia”. Secondo le ipotesi degli inquirenti, Chisari e i due indagati si sarebbero incontrati per discutere del furto, ma la discussione potrebbe essere degenerata.

Chisari aveva avuto, prima dell’omicidio, piccoli problemi con la giustizia, per lo più legati alla tossicodipendenza, cosa che gli aveva causato anche discussioni in famiglia, che sperava di fargli smettere di assumere sostanze.

Tuttavia proprio la famiglia ha chiesto in passato di giungere alla verità sul caso, tanto che la madre nel 2015 aveva lanciato un appello agli inquirenti per chiedere la prosecuzione delle indagini, indagini che oggi sono affidate ai carabinieri. La sorella aveva anche scritto in un aggiornamento su Facebook: “Non eri un santo ma non ti meritavi questo […] Chi ti ha fatto questo deve pagare ma non con la morte: devono soffrire”.

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