C'è l'ombra del satanismo che incombe su due morti misteriose avvenute a distanza di pochi mesi l'una dell'altra, 26 anni fa. Sono quelle di Fabio Rapalli, 31enne dell'Oltrepò Pavese trovato impiccato in un dirupo nel passo della Cisa, a Montelungo di Pontepremoli, e del camionista Roberto Bossi, morto nello stesso luogo dopo aver ingerito soda caustica. Ad ipotizzare una correlazione con la setta delle Bestie, una delle più macabre vicende della cronaca nera italiana, è l'ex sottufficile dei carabinieri della Compagnia di Stradella Claudio Ghini che indagò sulla vicenda di Rapalli anche come consulente privato della famiglia. Stando a quanto riporta il quotidiano La Nazione, il detective ha inviato una relazione di 30 pagine alla Procura di Massa Carrara con un'indicazione ben precisa: "Fare attenzione al processo alla setta della Bestie" in corso davanti alla Corte d'Assise di Novara.
L'ombra delle bestie
L'intuizione di Ghini si fonda su una serie di elementi e circostanze che, a distanza di 26 anni dalla morte del 31enne di Montù Beccaria, gettano ombre a dir poco inquientati sulla vicenda. Nel documento inviato agli inquirenti di Massa Carrara, competenti per il territorio di Pontepremoli, dove fu ritrovato il cadavere di Rapalli, si fa riferimento a una scritta incisa sulla lapide del giovane - "Siamo noi" - con anche la traccia di una forca a tre punte impressa nel marmo con una sostanza traslucida. Non solo: "La setta aveva a disposizione un immobile anche a Costa Montefedele, la frazione di Montù Beccaria dove Fabio viveva con la famiglia. - spiega il detective - Fabio è sepolto nel piccolo cimitero di Costa Montefedele e non in quello del capoluogo, una circostanza di cui poteva essere a conoscenza solo qualcuno che abitava nella zona o che la frequentava". Ghini precisa che non intende "formulare accuse ma solo proporre un'ipotesi investigativa" dal momento che l'attività delle bestie si è protratta per circa un ventennio, dal 1990 e al 2010.
Le morti misteriose di Fabio Rapalli e Roberto Bossi
Nel 1996 Fabio Rapelli, descritto come un giovane timido e schivo, aveva 31 anni. La mattina del 16 maggio si allontanò da casa in sella alla sua Aprilia Pegaso. Rincasò a tarda sera, stravolto e profondamente turbato, raccontando di essere stato a Genova. Tre giorni dopo, sparì nel nulla. A una settimana dalla scomparsa, alcuni cacciatori trovarono il cadavere in un dirupo del passo della Cisa: la testa era staccata dal busto. Una corda, annodata in cima, pendeva dal ramo di un albero. Per terra c'erano una candela, un coltello da cucina e due accendini. Una settimana prima della tragedia, Fabio era stato a colloquio con Don Luciano Costa, parroco della chiesta di Costa Montefedele. Gli aveva fatto una domanda: "Ma il diavolo esiste?". Dalle pagine di un libro custodito nella sua camera saltò fuori un disegno con la croce rovesciata.
Il caso fu archiaviato un prima volta come suicidio e poi con l'ipotesi di omicidio volontario: un mistero che dura da 26 anni. Come quello dell'autotrasportatore Roberto Bossi, anche lui trentunne, che fu trovato senza vita nello luogo di Rapelli. Era riverso nella Volvo del padre, morto dopo aver ingerito soda caustica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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