“Torture psicologiche e fisiche”, le lettere del killer e fratello di Alice Scagni

Le lettere scritte in carcere da Alberto Scagni, killer della sorella Alice, dividono accusa e difesa: per i periti atteggiamento manipolatorio e vittimista

“Torture psicologiche e fisiche”, le lettere del killer e fratello di Alice Scagni

Sarà il 4 aprile l’udienza preliminare nel processo per l’assassinio di Alice Scagni. Per il delitto è stato rinviato a giudizio il fratello Alberto, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà. L’1 maggio 2022 Alice era uscita di casa, a Quinto in provincia di Genova, per portare a spasso il cane: ad attenderla per strada il fratello, che avrebbe iniziato a litigare con lei per poi accoltellarla più e più volte.

Sono state diffuse da Repubblica le parole che Alberto Scagni ha scritto alla psicologa del carcere di Marassi, tra le quali si legge: “Penso a quello che oggi ho detto durante la perizia psichiatrica; visto che sono a Marassi imputato per aver dato diciannove coltellate a mia sorella. Alice Scagni. Torturato psicologicamente. Che cosa brutta. Chissà come sta mia sorella”. Alberto è in carcere dallo scorso maggio e per lui si è da poco conclusa l’inchiesta a suo carico. E nelle sue lettere sembra averne per tutti.

Come è emerso dalle indagini ci sarebbe stata infatti aperta ostilità da parte di Alberto verso Gianluca, il cognato, tanto da scrivere: “Mi è capitato di domandarmi per quale motivo il marito di mia sorella abbia affermato che ‘vivessero con la costante paura di trovare me fuori dalla porta di casa’ e vivendo con la costante paura di trovarsi me fuori dalla porta di casa, dal palazzo non sia uscito lui”.

Tra presunte allucinazioni lamentate nelle lettere - come apparizioni di personale medico, tra cui una psichiatra somigliante a una pornodiva, e altri detenuti inesistenti - emerge anche una certa intolleranza all’ambiente carcerario, che viene paragonato all’ambiente famigliare, al punto che Alberto Scagni scrive ancora alla psicologa: “Notte. Non riesco a dormire. Torture psicologiche simili a quelle che subivo quando ero a casa... C’è un motivo particolare per cui dovrei sopportare pagliacci e pagliacciate anche dentro il carcere? Me lo chiedo, e la risposta che mi do è che se anche ci fosse, non avrebbe nulla a che fare con la legge. Lei che legge mi dia una risposta. La dia anche ai giudici nel caso in cui le faranno domande. Ho subito torture psicologiche e fisiche per mesi mentre ero a casa. Non accetto, né tollero, che queste str… si ripetano qui in carcere”.

I periti che hanno visitato l’imputato in carcere hanno parlato di vittimismo, di tratti manipolatori rilevati anche in incidente probatorio, ma anche di

semi-infermità che tuttavia parrebbe non aver alterato la capacità di “stare in giudizio”. Secondo i difensori di Alberto queste missive evidenzierebbero invece la totale incapacità di intendere e di volere.

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