Svolta sul Mostro di Milano: c’è un Ignoto Uno. “Diamo la caccia a un fantasma”

È stato isolato un Dna maschile da una scena del crimine di 50 anni fa, relativa ai presunti omicidi del Mostro di Milano. Lo scrittore Fabrizio Carcano: “Giusto ricordare le vittime”

Svolta sul Mostro di Milano: c’è un Ignoto Uno. “Diamo la caccia a un fantasma”
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Un grande giallo che potrebbe trovare una possibile soluzione. Se il Mostro di Milano è stato finora uno dei più grandi misteri italiani di sempre, ora cambia tutto: è stato isolato un Dna maschile da una delle scene del crimine, quella relativa all’omicidio di Adele Dossena, madre dell’attrice Agostina Belli.

Un Dna per un killer

Come riporta Il Fatto Quotidiano, Belli, contattando un criminologo, ha ottenuto di poter esaminare i reperti, tra cui un telefono frantumato. Sulla scena c’erano tracce di sangue e peli che non appartenevano alla vittima: si è così risaliti ad un Ignoto Numero Uno, il probabile killer. “Le indagini sono legate in ogni tempo alla tecnologia. Ci sono voluti 5 decenni per avere le strumentazioni per arrivare a isolare questo Dna”, spiega a ilGiornale lo scrittore Fabrizio Carcano, autore di un romanzo tratto dalla verità, dal titolo “Il Mostro di Milano”, uscito nel 2017.

“Questa vicenda, fino a 7 anni fa, era completamente dimenticata - spiega Carcano -. Nel mio piccolo ho tirato fuori il mio libro, siete arrivati voi giornalisti e ora il Mostro di Milano è molto conosciuto. All’epoca dell’uscita del libro molti mi chiedevano se la storia fosse inventata. Mi prendo il piccolo merito di aver acceso un faro sulla vicenda: ora tocca gli investigatori. Merito, non va dimenticato, ai parenti delle vittime, che fornendo oggetti hanno potuto dare il via a un’indagine in un certo senso ‘archeologica’ - stiamo dando la caccia a un fantasma: questo è sicuro”.

Le vittime del Mostro di Milano

Al Mostro di Milano si attribuiscono, ipoteticamente, otto omicidi, quelli di Olimpia Drusin, Elisa Casarotto, Alba Maria Letizia Trosti, Adele Dossena, Salvina Rota, Tiziana Moscadelli, Valentina Masneri più un altro assassinio che si discosta un po' dagli altri. Queste donne, alcune delle quali prostitute, sono state uccise a Milano tra il 1963 e il 1975. Ci sono diverse caratteristiche che accomunano questi delitti: le donne sono state oggetto di overkilling, il killer ha colpito ripetutamente il volto delle vittime, deturpandolo, e inoltre era mancino. “Sette anni fa quando ho scritto del Mostro di Milano - spiega lo scrittore - questa storia esisteva solo per me e nei racconti dei miei colleghi, quando ero un giovanissimo collaboratore sportivo per Il Giorno nei primi anni ’90”.

Un mistero difficile da sciogliere

Dopo oltre 50 anni quindi il caso è riaperto, ma è difficile che il killer possa essere ancora in vita. “La verità vera non ci sarà mai. C’è un arco temporale incerto sulle vittime. Partiamo dal ’63 e arriviamo al ’75. Ma, attenzione, classifichiamo queste vittime in base alle ferite, ma non escludiamo che ci possano essere altre ragioni: molte vittime erano prostitute per cui si può pensare a un cliente, a un protettore, a una faida tra protettori, oppure anche un maniaco, che abbia colpito una sola volta potrebbe aver ucciso una di queste donne. Se il killer fosse stato un adulto nel ’63 è quasi impossibile, anagraficamente parlando, che questa persona sia viva. Si potranno ricostruire delle supposizioni, come è accaduto in altre vicende. Il tempo complica questo tipo di indagini: è possibile che si arrivi a mettere insieme un nome e un cognome, ma non ci sarà la certezza”.

I cold case e la centralità delle vittime

Una caratteristica di questo cold case contrasta ciò che spesso si lamenta in relazione alla narrazione mediatica degli omicidi, e cioè che le vittime non abbiano centralità. In questo caso, in assenza del nome del killer, sono proprio le vittime che vengono ricordate. “Il fatto che si conoscano e si ricordino i nomi delle vittime è un altro risultato - aggiunge lo scrittore -. Un tempo venivano descritte come generiche prostitute, mentre oggi hanno un nome e un cognome. Scopriamo che erano delle mamme, che magari svolgevano quel mestiere perché avevano dei figli da mantenere. Oggi ci scandalizziamo ogni giorno per un femminicidio, ma esistevano anche prima, sebbene non avessero la stessa rilevanza mediatica. Eppure anche le vittime di allora avevano una dignità, è giusto ricordarle”.

L’interesse verso il Mostro di Milano rientra in un fenomeno più ampio di attenzione verso i "cold case", che coinvolge diverse vicende di cronaca nera e giudiziaria del passato, tutte irrisolte. “Il mistero ha sempre un suo fascino - chiarisce Carcano -. Tutto sommato, quando un crimine è risolto, ci si dimentica del killer e della vittima.

È brutto dirlo, ma temo che le donne vittime di femminicidio di oggi tra qualche anno verranno dimenticate, mentre alcuni nomi rimangono, perché restano aperte e ci sarà sempre il dubbio su chi l’ha uccisa e perché. Credo sia un processo normale, una volta che la giustizia ha fatto il suo corso. Quando non accade resta il mistero ma anche la paura”.

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