"Non entrate in quella chiesa". Quelle ombre che restano sull'omicidio di Elisa Claps

La ragazza, a soli 16 anni, fu uccisa da Danilo Restivo il 12 settembre del 1993. Il cadavere rimase occultato nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza per 17 anni. L'intervista al fratello Gildo Claps

"Non entrate in quella chiesa". Quelle ombre che restano sull'omicidio di Elisa Claps

"Mi auguro che chi è stato connivente del lungo silenzio, che per anni ha logorato la nostra famiglia, ora chieda scusa". A parlare è Gildo Claps, il fratello di Elisa Claps, la 16enne potentina uccisa il 12 settembre del 1993. Il cadavere della giovane rimase occultato nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza fino al 17 marzo 2010, quando fu ritrovato. L’assassino, Danilo Restivo, nell’ottobre del 2014 fu condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione. A giugno del 2011, Restivo era stato condannato all’ergastolo in Inghilterra per l’omicidio di Heather Barnett, uccisa il 12 novembre del 2002 a Charminster, nel Dorset.

A trent’anni dalla morte di Elisa Claps, un podcast podcast di Sky Italia e Sky TG24 realizzato da Chora media e dal giornalista e autore Pablo Trincia - "Dove nessuno guarda", il titolo - ripercorre le tappe dell’intera vicenda. "Gli autori hanno fatto lavoro straordinario sotto tutti i punti vista. Sono riusciti a mettere in fila tutti gli eventi che si sono susseguiti negli anni con la cronologia giusta e dando voce ha tutti i protagonisti. Questo podcast ha il merito di aver risvegliato le coscienze e di aver finalmente onorato la memoria di mia sorella", spiega alla redazione de ilGiornale.it Gildo Claps.

Signor Claps, come commenta la riapertura della chiesa della Santissima Trinità di Potenza?

"L’ennesimo sfregio alla memoria di Elisa. Hanno aperto la chiesa in agosto, con una città deserta, come ladri di verità. Inoltre mi è stato riferito che hanno affisso all’interno dell’edificio una targa in memoria di Don Mimì Sabia, sul cui operato aleggiano ancora molte ombre. Quando proprio il Papa, nella lettera inviata a mia madre, aveva precisato che quella chiesa avrebbe dovuto essere un luogo in ricordo di Elisa. È stato un affronto, non solo alla famiglia ma alla città intera".

Lei ci è entrato?

"Ci sono passato davanti il giorno successivo alla riapertura, ma non mi è balenata neanche per la testa l’idea di varcare anche solo per un secondo la soglia di ingresso. Anzi l’invito che sto rivolgendo a tutti è di non entrare in quella chiesa. Andarci vuol dire oltraggiare la memoria di Elisa, che peraltro era una ragazza di una spiritualità e religiosità straordinarie. Ci sono ancora molte ombre in quel luogo che per 17 anni è stato la tomba di mia sorella".

Cosa glielo fa pensare?

"Senza ombra di dubbio, come emerge dalle risultanze investigative, Restivo non ha provveduto personalmente all’occultamento del corpo di Elisa".

Cosa la spinge ad affermarlo?

"Non c’erano i tempi e presumo che lui fosse agitato. Lì è andato qualcuno e ha fatto un lavoro di fino. Il cadavere di mia sorella era completamente coperto di tegole e materiale di risulta. Inoltre è stato fatto un intervento ineccepibile di foratura delle travi".

E dunque chi potrebbe essere stato?

"Come disse la dottoressa Barbaro Strappato, che si occupò delle indagini, quando il fascicolo sull’omicidio di Elisa fu assegnato alla procura di Salerno, era 'un tecnico'. Ci sono state complicità nell’occultamento del corpo e nei depistaggi successivi, su questo non ci piove".

Crede che queste "complicità" di cui parla potranno mai essere chiarite?

"Non credo. Certi segreti resteranno sepolti sempre. Mi auguro quantomeno ci sia una condanna sociale per i comportamenti omissivi e i silenzi che ci sono stati in questi trent’anni. Spero in un sussulto di coscienza ma non ci scommetto".

La famiglia Restivo ha mai chiesto scusa?

"Mai. Del resto la loro posizione è sempre stata chiara sin dall’inizio: credono all’innocenza di Danilo Restivo che, peraltro, non ha mai confessato l’omicidio di Elisa. Anzi le dirò di più. I genitori hanno sempre sostenuto che io avessi messo in piedi un complotto, addirittura arruolando dei sicari in Inghilterra, per incastrare il figlio".

Ha mai avuto modo di guardare negli occhi l’assassino di sua sorella?

"Io no, per fortuna, ma mia madre sì. Quando ci fu il processo per l’omicidio della povera donna inglese, Heather Barnett, mia madre si presentò in aula con una gigantografia della foto di Elisa per farla vedere a Restivo".

E lui?

"Non ebbe neanche un attimo di cedimento. E credo che mai lo avrà".

Parlava di sua madre Filomena: è stata una vera combattente.

"Mia madre è una donna straordinaria. Ha portato sulle spalle il peso di questa tragedia per trent’anni e non c’è nulla che l’abbia mai fermata nella ricerca ostinata della verità. Nonostante il dolore enorme è riuscita a tenere la famiglia unita e non abbattersi mai. Non posso che stimarla e ringraziarla infinitamente".

Ripensando a questi trent’anni, qual è il momento che le è rimasto più impresso?

"Il giorno successivo al ritrovamento del corpo di Elisa, il 18 marzo 2010. Ricordo che quella mattina il cielo era terso, di un azzurro quasi cristallino. Stavo percorrendo la cripta della chiesa della Santissima Trinità, feci i primi due gradini per accedere al sottotetto e mi fermai: fu il momento in cui realizzai davvero che mia sorella non c’era più. Allora mi voltai verso mio fratello Luciano, che era con me, e gli dissi: 'Vai tu, io non ce la faccio'. Non ho voluto vedere i resti di mia sorella".

Cosa ricorderà per sempre di Elisa?

"Di Elisa ricorderò sempre la sua dolcezza e genuinità.

E mi auguro che anche chi ha conosciuto questa storia attraverso la stampa abbia memoria di mia sorella non più come 'il caso Claps' ma ricordi semplicemente Elisa, una ragazza con gli occhiali tondi e il sorriso sempre stampato sul volto".

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