Frida e Gucci: una storia da film

Le sfilate, la nascita della figlia, Sabaudia, i genitori: The director racconta un'inedita Giannini

Frida e Gucci: una storia da film

«La vita mi ha sorpreso in modo molto positivo» dice Frida Giannini, direttore creativo di Gucci nel docufilm «The Director» presentato in anteprima a Roma e in programmazione dall'8 al 10 settembre nelle sale italiane del circuito The Space Movies. Un'ora e venti minuti per condensare 18 mesi di riprese che lasciano entrare lo spettatore in quel mondo della moda quasi mai visibile.

Come è avvenuto e con successo per altri docufilm che hanno aperto un filone di comunicazione speciale con il grande pubblico, vedi «The September Issue», protagonista Anna Wintour direttore di Vogue America e «Valentino - The Last Emperor» dedicato allo stilista.

Un mondo, quello della moda e quindi della maison Gucci, dove la creatività passa dall'uomo che lucida la passerella agli esperti di luci, dai sarti ai make-up artist ai parrucchieri, dai registi ai modelli in un'onda d'urto di stimoli che Frida, in vetta alla piramide non esita a rimettere in circolo dopo aver fatto, inforcando sempre occhiali da vista con montatura nera, una seria riflessione sulle attese dell'uomo e della donna Gucci. Così il sistema circolatorio delle idee è sempre attivo.

«Questo film è come una sfilata che condensa in sei minuti il lavoro di sei mesi» ha detto la regista Christina Voros. Ma la pellicola parte dal presupposto che il feeling tra cinema e moda scattato negli anni Sessanta tra gli attori di Hollywood e la pelletteria della maison fondata nel 1921 da Guccio Gucci, non si sia mai interrotto. Non a caso il produttore del film è l'inarrestabile James Franco, attore, regista, scrittore e da anni volto delle campagne pubblicitarie dell'uomo Gucci. Frida, mai una lacrima neppure nei momenti più intensi, non si lascia intimorire dalla macchina da presa. Le sequenze sono veloci ma a nessuno sfugge che l'onore della prima apparizione giornalistica è riservato alla diavolessa Wintour che non diserta mai le sfilate della maison di proprietà del Gruppo Kering guidato da François Pinault. Ma a differenza del docufilm «The last imperor» dove Valentino aveva magnificato in abbondanza il ruolo della stampa americana, la Giannini si lascia riprendere mentre nel bakstage illustra la collezione a un gruppo di giornaliste italiane.

Pur avendo un intelligente sguardo internazionale sulla moda, il direttore creativo non dimentica la sua origine: nata a Roma, ha mosso i primi passi in un'azienda della capitale. Nel film non si fanno nomi. Colpa della rivalità fra grandi gruppi, ma sarebbe stato leale dire che la promettente fanciulla cominciò disegnando accessori da Fendi anche se questa griffe appartiene oggi al colosso del lusso LVMH.

Un peccato che presto si dimentica grazie all'inattesa ironia di Frida che spesso sbuffa, prende fiato, approva o respinge le cose che non la convincono dicendo «È un macello». L'intesa con il suo gruppo di lavoro è totale e lei dirige con mano ferma e allo stesso tempo con calore come farebbe un primus inter pares.

Quando vede una Ferrari cabrio scorrazzare per le vie di Milano in pieno inverno, si augura che a bordo non ci siano i modelli che devono sfilare per lei e che potrebbero perciò beccarsi un malanno. Ride di gusto per le strade di Pechino quando vede su una bancarella la T-shit con Obama versione Mao.

Diventa sognante quando evoca il suo paradiso, la casa di Sabaudia e lascia parlare i genitori. Le emozioni arrivano anche con l'annuncio della nascita della figlia Greta nel 2013, il coronamento del sogno di sempre realizzato con Patrizio di Marzio, amministratore delegato nella stessa azienda. E racconta anche di quanto la vita possa essere complessa se si occupano certe posizioni: per concordate una cena romantica, bisogna consultare i rispettivi assistenti che armonizzano le agende.

Frida scopre il cuore e oltre la cortina del suo essere donna di polso e di talento, si avverte che come tutti noi ha dovuto fare i conti anche con le durezze della vita. «È una bella persona» dice il padre orgoglioso. E noi, vedendola servire con perizia gli spaghetti alle vongole ai suoi ospiti, ci sentiamo sollevati. Non finirà imbalsamata nei suoi allori.

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