Quella del Coronavirus è una emergenza complicata, ma l'anima burocratica di questo Stato non ne vuole proprio sapere di rinunciare a complicare ai cittadini la loro vita presente e futura. In poco più di un mese, sull'argomento Palazzo Chigi e dintorni hanno emesso sei tra leggi e decreti legge, due delibere del Consiglio dei ministri, otto decreti del presidente del Consiglio dei ministri, diciannove ordinanze del capo dipartimento della Protezione civile, un protocollo, una ordinanza del ministero della Salute e due direttive del ministro della Pubblica amministrazione. In tutto parliamo di 277 tra articoli di leggi e disposizioni che nella loro versione abbreviata senza allegati e rimandi - occupano trecento pagine. Una montagna di carte, spesso scritte in burocratese stretto con indicazioni che su alcuni temi interferiscono tra di loro. Imprenditori, commercianti, commercialisti, avvocati ma anche semplici cittadini ci si stanno spaccando sopra la testa cercando di capire quali sono i loro diritti e i loro nuovi doveri.
Esagerato? Leggete questa lettera che ho ricevuto ieri (e all'interno l'intervista all'interessato): «Dispongo, in qualità di titolare di azienda farmaceutica, di una partita di almeno un milione e mezzo di mascherine (certificate Cee), che ho offerto a tutti (Regioni, Protezione civile, ospedali ecc...). Siamo in piena emergenza, però, causa questioni burocratiche, nessuno sino ad ora si è mostrato interessato all'acquisto, nel frattempo medici e personale sanitario muoiono, un numero spropositato di ammalati lascia questo mondo in piena solitudine (forse non succedeva neppure in tempo di guerra, perché esistevano cervelli e organizzazioni diverse)».
Ecco, 39 provvedimenti di legge, 277 articoli, trecento pagine di scartoffie e un imprenditore deve
tenere in magazzino un milione e mezzo di mascherine salvifiche perché la burocrazia lo respinge. E allora dico: se dobbiamo cambiare registro facciamolo tutti, sudditi e sovrani. Meno chiacchiere, meno norme e più fatti.
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