L’Istituto Spallanzani ha consegnato il virus “vivo” alla Russia, ora spunta anche un documento. L'accordo tra i ricercatori italiani e gli scienziati russi ha consentito a questi ultimi di isolare e mettere in coltura il Covid e di sviluppare i due vaccini russi di stato, ovvero Sputnik V e EpiVacCorona. Come annunciato da Domani, la redazione di Report è entrata in possesso del documento ufficiale che prova il passaggio del materiale virale tra l’Istituto Spallanzani e l’istituto Vector. Il file in questione è il Material Transfer Agreement, che conferma la facoltà dei moscoviti di “sviluppare mezzi per la diagnosi, le prevenzione e il trattamento del Covid-19”. Il virus, dunque, è stato utilizzato dagli scienziati russi per combattere la pandemia nel loro Paese. E l’Italia non ha ottenuto nulla in cambio.
L'accordo con gli scienziati russi
Nell’accordo sottoscritto per il trasferimento del virus ci sono molte cose che non tornano. Maria Capobianchi, direttrice del laboratorio di virologia dello Spallanzani, ha confermato che l’istituto ha fornito il virus sequenziato al centro di ricerca statale russo Vector, dove si fa pochissima ricerca di base e si producono scoperte con uso commerciale. Insomma, una compagnia farmaceutica che dipende dallo Stato, in quanto sotto il diretto controllo del Rospotrabnadzon, il Servizio Federale di Supervisione della Protezione e del Benessere dei Consumatori.
Il documento rintracciato da Report risale al 14 aprile 2020 e porta la firma di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, e di Rinat Maksyutov, direttore del Vector e fedele collaboratore di Vladimir Putin. Domani evidenzia una problematica già nelle condizioni preliminari dell’accordo: nel file, infatti, c’è scritto a chiare lettere che l’istituto russo riceve il virus per sviluppare farmaci o vaccini contro il Covid. Ma non è tutto. Poco dopo, infatti, viene evidenziato che “il materiale sarà utilizzato solo con lo scopo di condurre ricerche non commerciali o ricerche accademiche. Il materiale non può essere utilizzato per scopi commerciali”. Un’affermazione discordante rispetto a quanto sostenuto in precedenza.
L'importanza del virus vivo
Il possesso di un virus “vivo” in coltura consente di sviluppare farmaci, vaccini, da mettere in commercio. “Normalmente, in questi casi l’azienda che utilizza il virus per sviluppare o testare un vaccino si impegna a versare royalties sullo sfruttamento commerciale del vaccino al laboratorio che gliel’ha fornito, e a donare o vendere sottoprezzo al paese in cui ha sede il laboratorio che ha fornito il virus una parte – in genere il 10 per cento – della produzione totale del vaccino per un certo numero di anni.
E tutto questo va esplicitato sull’Mta (Material Transfer Agreement, ndr)”, rimarca un virologo ai microfoni del quotidiano. Il documento, però, non prevede nulla di tutto ciò. E naturalmente non sono state versate royalties o distribuite fiale del farmaco. Tutto esclusivamente gratis, in poche parole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.