I giudici della Corte europea dei diritti umani hanno reso pubblica la loro decisione sul ricorso di Abu Omar e sua moglie Nabila Ghali. L’Italia è stata condannata per il rapimento e la detenzione illegale dell’ex imam di Milano. "Tenuto conto delle prove, la Corte ha stabilito che le autorità italiane erano a conoscenza che Abu Omar era stato vittima di un’operazione di 'extraordinary rendition' cominciata con il suo rapimento in Italia e continuata con il suo trasferimento all’estero", afferma la Corte. L’Italia, dunque, secondo la Corte di Strasburgo ha violato il diritto dell'egiziano a non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti.
L’ex imam si era rivolto alla Corte di Strasburgo nel 2009, sostenendo che le autorità italiane, coinvolte nel suo "rapimento" da parte di agenti della Cia, avessero violato i suoi diritti. In particolare quello a non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti - pratiche che sostiene aver subito durante la sua detenzione in Egitto, dove è stato portato con un volo segreto degli 007 americani.
L’Italia, secondo i giudici di Strasburgo, ha inoltre violato il diritto dell’ex imam e della moglie al rispetto della vita familiare. I giudici hanno quindi stabilito che l’Italia dovrà pagare 70 mila euro ad Abu Omar e 15 mila a sua moglie per danni morali. La sentenza diverrà definitiva tra tre mesi, se lo Stato italiano non chiederà e otterrà dalla Corte di Strasburgo un nuovo esame davanti alla Grande Camera.
La Corte ha stabilito inoltre che l’Italia ha applicato il principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili per il rapimento, la detenzione illegale e i maltrattamenti ad Abu Omar "non dovessero rispondere delle loro azioni".
Strasburgo afferma che "nonostante gli sforzi degli inquirenti e giudici italiani, che hanno identificato le persone responsabili e assicurato la loro condanna, questa è rimasta lettera morta a causa del comportamento dell’esecutivo".
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