Era il marzo del 2023 quando, sotto gli auspici del mio predecessore, Agrigento si è aggiudicata il titolo di Capitale italiana della Cultura 2025: seconda città siciliana dopo Palermo, premiata nel 2018. Sottoposta al giudizio di una giuria composita e indipendente, Agrigento ha vinto con una proposta che si snoderà per tutto l'anno lungo un calendario punteggiato da eventi di caratura internazionale. Appuntamenti ambiziosi ispirati alla riscoperta di una tradizione che, in questa città - risalendo i rami dell'Italia risorgimentale, normanna, bizantina, romana e greca - affonda le proprie radici nella civiltà degli antichissimi viaggiatori egeo-cretesi e rodii; i quali proprio qui scelsero di fondare Akràgas, polis regionale e ponte ideale predestinato a unire approdi e contatti di genti multiformi.
Circa duemila e cinquecento anni dopo, la bella Girgenti, la nostra Agrigento, ha l'occasione di scandagliare queste radici e attualizzarle nella dimensione della contemporaneità, proiettandone la forza e la visione sullo scenario culturale e geopolitico del Mediterraneo. Ma con quale obiettivo... con quale compito? Anzitutto restare fedele alla propria natura di terra libera e ingegnosa, aperta al dialogo e all'incontro di civiltà affratellate in una medesima koiné, nelle fervide quinte del nostro teatro globale in cui ogni giorno uomini e donne scrivono frammenti di una storia nuova. Soltanto tornando a riflettere sulla propria identità, sui percorsi attraverso i quali essa si è formata, sui processi che l'hanno plasmata e sulle stratificazioni che ne hanno arricchito la linfa vitale, è possibile raggiungere quella consapevolezza di sé necessaria a rispecchiarsi nelle altre culture.
È questo lo spirito che ha animato la candidatura di Agrigento a Capitale italiana e - aggiungo - Capitale mediterranea della cultura. Da questa sensibilità è disceso un palinsesto che guarda avanti: improntato all'innovazione, alla ricerca e alla tecnologia, orientato al coinvolgimento delle giovani generazioni, all'abbattimento delle barriere architettoniche e cognitive e al miglioramento dell'accessibilità al patrimonio, alla promozione dell'imprenditorialità e della sostenibilità nei settori culturali e creativi. Con il benefico effetto di accrescere i flussi turistici, certo, ma sopra tutto con l'obbligo morale di rafforzare la partecipazione pubblica e la coesione sociale di una comunità che deve ritrovare fiducia, ottimismo, Concordia.
Il nostro auspicio è di scorgere tutto ciò nel dialogo costante tra patrimonio archeologico, cultura classica, dinamicità moderna e creatività contemporanea che s'intrecciano in un gioco di rime segrete e consonanze esplicite fra le più varie espressioni artistiche incastonate in un paesaggio dalla bellezza leggendaria, eppure così gravido di sfide, a cominciare da quella ambientale.
Agrigento ha dunque l'opportunità di divenire il cardine della rinascita di un territorio ricco di complessità, prodotto delle innumerevoli civiltà che in millenni di storia vi sono fiorite, sfiorite e rifiorite. Ciascuna di esse ha portato il proprio contributo originale, facendo di Girgenti il modello di una Sicilia orgogliosamente «speciale» e al tempo stesso schierata in prima linea, con le sue straordinarie personalità istituzionali, nella lotta contro la rarefazione del senso dello Stato che affligge i nostri tempi presenti e passati.
Città d'elezione, Agrigento, in un'isola eletta, la Sicilia, al centro di quel Mezzogiorno geografico che connette l'Europa all'Africa e all'Asia: «Mare fra le terre», crocevia di popoli, spazio strategico fondamentale per l'economia e per le urgenze della crisi energetica, climatica e demografica.
Eccola, dunque, la grande occasione da non fallire: Agrigento può finalmente interpretare il senso di una memoria continentale condivisa e farne il fermento di un ritrovato benessere individuale, di crescita collettiva, contribuendo così allo sviluppo armonioso del territorio e della coscienza civile di chi lo abiterà dopo di noi.
Consentitemi in conclusione il vezzo di citare il filosofo agrigentino Empedocle, la cui filosofia pitagorica fu intonata all'armonia e alla bellezza, declinata nella concezione di un Cosmo in cui Terra, Acqua, Aria e Fuoco coabitano magicamente; e la cui attualissima lezione ha ispirato il progetto dei vincitori: il Genio vostro... cari agrigentini.
Dice Empedocle: «O amici, che occupate la forte rocca, al sommo della città presso la bionda corrente dell'Akràgante, impegnati in sagge opere di governo, venerandi approdi per gli ospiti, ignari di malvagità...». Ebbene, in questa invocazione che schiude il suo Poema lustrale, Empedocle ci consente di ricordare come la parola «ospite» racchiuda in sé il duplice significato che l'insigne linguista Ottorino Pianigiani così riassume: «Quegli che riceve il forestiero e gli dà cibo... per benevolenza e umanità; e poi il Forestiero medesimo, che è alloggiato e protetto».
Ma dove avviene, questo, se non nella «forte rocca» di cui parla Empedocle: la Rocca dell'Amicizia italiana, siciliana, agrigentina, che vince ogni Discordia e si fa veicolo di civiltà seguendo princìpi d'ordine e giustizia?
Con ciò, auguro ogni successo ad Agrigento.
Alessandro Giuli
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