Gli albergatori che "fanno squadra" per ospitare i profughi

Complice la crisi, in Oltrepo' Pavese gli alberghi sono pieni di immigrati e crescono le richieste per ospitarli. Ecco il caso di Varzi, capitale del salame crudo e del cibo sano.

Gli albergatori che "fanno squadra" per ospitare i profughi

Varzi, un paese di 3.000 abitanti immerso nel verde, tra natura, torrenti e borghi medievali. Un paese, che grazie al suo ottimo salame crudo, ha conquistato negli anni il titolo di "capitale del salame crudo". Buon cibo, funghi pregiati, aria sana di collina, meta ideale di villeggianti e, dal 18 febbraio scorso, giorno di carnevale, è diventato uno dei luoghi scelti dalla Prefettura di Pavia per ospitare gli immigrati. Un paese che, come tanti in Oltrepò Pavese, fa i conti con la crisi. I villeggianti non si vedono da tempo, i turisti sembrano aver smarrito la strada. Di Expo poi, è meglio non parlare, perché come ci dice Andrea, il gestore dell'Hotel Corona che ospita i 25 profughi arrivati "tutto il pavese è tagliato fuori da Expo". Con l'arrivo dei profughi, alquanto improvviso, i varzesi si sono attivati procurando vestiti e beni di prima necessità. Dopo le polemiche iniziali, grazie anche alle omelie del prete del paese e alla vista di diversi immigrati alla messa domenicale, i cittadini sembrano essersi tranquillizzati.

Ci accolgono tutti raccolti attorno a un tavolo di fronte all'Hotel: provengono dalla Nigeria, dal Bangladesh e dal Mali. Quasi tutti parlano inglese. Prima di approdare a Varzi, hanno attraversato tutta l'Italia, alloggiando in diverse strutture e centri di accoglienza: arrivati a Ragusa, portati in Puglia con la Croce Rossa, poi nel Lazio, da lì al centro di "smistamento" di Bresso e infine a Varzi, dove, come ci racconta il sindaco Gianfranco Alberti "sono arrivati in condizioni pietose". Pensate che qualcuno di loro aveva la pelle bruciata dal sale durante la traversata.
Andrea, l'albergatore, ci spiega che ha fatto direttamente richiesta per ospitarli. Li descrive calmi e affettuosi (lo chiamano "papi"), impazienti di ricevere i documenti per raggiungere il nord Europa. Nessuno ha intenzione di rimanere in Italia. Ma, complice la crisi, Andrea si ritrova ad ospitare solo profughi, e l'intenzione è quella di riempire tutto l'albergo, che dispone di altri dieci posti. Non solo, nel pavese infatti si è scatenata una vera e propria rete tra decine e decine di albergatori per ospitarli. "Non è un business il nostro - spiega Andrea - ma preferisco lavorare tutto l'anno anziché due mesi, rischiando la chiusura. A Rimini, a Riccione e in altri posti li stanno ospitando da ben quattro anni. Quindi niente di scandaloso." Insomma, si cerca come sempre di fare di necessità virtù. La Prefettura di Pavia informa attraverso il suo ufficio immigrazione che gli arrivi nel pavese continuano e in numero consistente. Le strutture sono tutte esaurite, e si dovrà quindi procedere a un altro bando per riuscire a gestire al meglio le nuove ondate di immigrati. A questo proposito, riceviamo conferma che la famosa lettera spedita dal Governatore Roberto Maroni, che impone il blocco immediato sugli arrivi degli immigrati da parte delle Prefetture lombarde, vietando di ospitarli, è pervenuta. Ma stando alle richieste degli albergatori pavesi, ben disposti a riempire i loro alberghi, vedremo come si comporterà il nuovo prefetto che verrà nominato a breve.
Ma cosa fanno tutto il giorno i ragazzi? Loro dicono "mangiamo e dormiamo". Eppure sono ben disposti a fare lavori manuali come tagliare l'erba dei prati o tenere pulite le strade. Un ragazzo nigeriano ci spiega che in Nigeria, a causa delle oppressioni politiche che lo hanno costretto a scappare rischiando la vita, non si trova lavoro, non si ci si può creare una vita. Qui invece, sarebbero disposti a fare lavori manuali. Gratis naturalmente.

Come ci spiega il primo cittadino, la gestione dei documenti, l'inserimento nei lavori socialmente utili e tutto il resto, è passato dalle sue mani a quello di una cooperativa privata. E' così nella maggior parte dei casi, e il sindaco spiega: "noi non abbiamo risorse finanziarie, i soldi arrivano direttamente all'albergatore e alla cooperativa." Ci mostra il "patto del volontariato" che i profughi sbarcati nel bel paesello dovranno firmare, sottoscrivendo di lavorare in maniera volontaria e gratuita. Un modo per inserirli nel lavoro e per evitare che i varzesi li vedano sempre seduti di fronte all'albergo o a girovagare nei giardini pubblici. Varzi sembra aver trovato la chiave giusta, soprattutto impegnando i ragazzi in lavori socialmente utili.

E appena esci dall'Hotel Corona, chiedendo ai vari passanti cosa ne pensano, scopri che c'è grande solidarietà, addirittura qualcuno di loro verrà impegnato nella piscina pubblica. Nessuno degli abitanti incontrati pensa che siano "serviti e riveriti". C'è tanta solidarietà. Vedremo se questo modello di accoglienza paesano avrà successo e se riuscirà a fare da apripista per gli altri.

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