Anti-casta per interesse

Un nuovo corso per assorbire l'onda anticasta. Il governo vuole smontare i populisti. Una missione che sa di Quirinale

Anti-casta per interesse

I manager delle banche che devono rispondere di comportamenti «impropri» e «illeciti». Alitalia gestita male e i costi di questi errori che ricadono sui lavoratori. Più che una presa d'atto tardiva da parte della politica, le uscite a breve distanza dei ministri Padoan e Calenda sono l'annuncio di un cambio di marcia rispetto a Renzi.

Il governo del rottamatore in quasi tre anni non ha messo in campo vere scelte di rottura, è stato percepito come un esecutivo pro establishment e anche per questo ha perso il referendum di dicembre. L'esecutivo Gentiloni, che era nato per gestire l'ordinaria amministrazione, si ritrova costretto a provare la missione che il predecessore aveva solo teorizzato, quella di fare scelte radicali, puntando sul dialogo con tutte le forze politiche.

La prospettiva di Gentiloni non sembra più quella di traghettare il Paese a nuove elezioni con un sistema elettorale omogeneo per Camera e Senato. Non si sta muovendo come un governo balneare, né come un intervallo tra il Renzi I e II. La missione è semmai quella di togliere argomenti al voto di protesta, ai populisti e a chi vorrebbe l'Italia fuori dall'Europa. Una missione di medio termine che sa tanto di Quirinale.

Anche ieri sono arrivati segnali in questo senso, non a caso su temi che per Renzi si sono rivelati delle trappole: le banche, il lavoro, l'immigrazione. Ieri nel corso di una audizione parlamentare sulla tutela del risparmio, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, in mezzo a tante dichiarazioni rassicuranti e a qualche bugia (tipo che sul Monte dei Paschi non ci sono stati ritardi), ha infilato un richiamo alla responsabilità dei manager delle banche che non suona come il classico scarico di responsabilità della politica. Quello de «la giustizia faccia il suo corso».

Il ministro ha ammesso che ci sono stati comportamenti «impropri, in alcuni casi illeciti», quando le banche hanno venduto ai risparmiatori strumenti finanziari inadatti, spesso attraverso «forzature nei confronti della clientela».

Tesi che lo stesso Padoan non avrebbe potuto sostenere con questa forza quando a Palazzo Chigi c'era Renzi e il ministro Maria Elena Boschi - figlia di un ex dirigente di Banca Etruria, uno degli istituti che ha venduto titoli spazzatura ai clienti - era nel pieno delle sue forze. Con il precedente governo, la Commissione europea ebbe difficoltà a fare riconoscere questi illeciti all'Italia, anche se questa era la sola condizione per ottenere il via libera di Bruxelles ai rimborsi agli obbligazionisti.

Gentiloni ha meno vincoli politici rispetto al precedente governo, anche se i ministri sono gli stessi, a partire da Padoan, e la maggioranza non è cambiata. Ad esempio su Mps. La strada dell'intervento pubblico non era passata con Renzi che ha spinto fino alla fine per la soluzione di mercato. Appena il ministro dell'Economia si è liberato da Renzi e dai consulenti di Palazzo Chigi, è cambiato tutto e per la banca senese si è potuta avviare quella che per i più era l'unica soluzione possibile.

La creazione della commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario era fallita. Respinta perché poco gradita al partito di maggioranza relativa. Con Gentiloni (e con Padoan meno condizionato da Renzi) è arrivato l'appoggio dell'esecutivo alla pubblicazione della lista dei creditori insolventi del Monte dei Paschi di Siena, con tanti amici storici del Pd. È la rottura di un tabù, non solo per il governo Renzi, ma per tutta la sinistra. La pubblicazione era stata chiesta dal capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta ai tempi del precedente governo, ma è stata accolta dal sottosegretario Pier Paolo Baretta solo con Gentiloni premier. Con il sostegno convinto del Pd.

Tra le rotture del governo in carica, da registrare l'affondo di Carlo Calenda su Alitalia, azienda «gestita male». Sbagliata anche la ristrutturazione che parte dagli esuberi, senza un piano industriale. Quello del ministro dello Sviluppo economico, che negli ultimi mesi è sempre più visibile e presente nei media, è una presa di posizione che rimette al centro il lavoro ed è per questo stata apprezzata soprattutto dalla sinistra Pd. Difficile non dargli un significato politico.

Infine l'immigrazione. La riapertura dei Cie, centri di identificazione ed espulsione è una forzatura che il rottamatore in versione governativa in teoria si sarebbe potuto permettere senza troppi problemi. Ma non è andata così e il compito di rafforzare i rimpatri dei clandestini è passato al governo in carica. È stato interpretato come un modo per fare recuperare al Partito democratico i voti dei tanti elettori di sinistra spaventati dall'immigrazione senza controllo. Sarebbe stato un tema da rottamatore, al quale Renzi non ha saputo dare risposte. Non a caso il ministro dell'Interno Marco Minniti sta scalando i sondaggi di popolarità dei ministri.

Ancora da

capire se il cambio di marcia si tradurrà in politiche e scelte concrete anche sui temi economici. L'incognita è l'ex premier. Renzi è forse l'unico che a questo punto non ha interesse a fare decollare il governo Gentiloni.

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