Astronauti, i riti scaramantici prima di partire per lo spazio

Gli astronauti non possono partire per lo spazio senza prima aver adempiuto ai riti scaramantici che sono diventati una tradizione irrinunciabile e servono anche a stemperare la tensione di un viaggio speciale e rischioso

Astronauti, i riti scaramantici prima di partire per lo spazio

Gli astronauti sono uomini e donne di scienza, per cui la razionalità, la sperimentazione e la dimostrabilità di un evento vengono al primo posto. Tuttavia anche loro non rinunciano a una serie di rituali scaramantici per “propiziare” i viaggi nello spazio. Si tratta di superstizioni e omaggi consolidatisi col tempo, fino a diventare delle vere e proprie tradizioni irrinunciabili e anche un po’ giocose. Gli astronauti li ripetono prima di ogni missione, come fossero dei mantra, non certo perché ripongano fiducia in essi, quanto per una questione di rispetto nei confronti del passato. Molti di questi gesti vennero compiuti da Yurij Gagarin, il primo viaggiatore dello spazio che intraprese la sua missione il 12 aprile 1961. Da allora, ammantati di un certo fascino e di solennità, questi riti vengono ripetuti sempre allo stesso modo prima di ogni lancio dal cosmodromo di Bajkonur.

Impossibile sottrarvisi, altrettanto impossibile cercare di cambiarli o, peggio, di abolirli. Il Sole 24 Ore ne riporta alcuni: gli astronauti devono apporre la loro firma sulla porta della stanza d’albergo in cui hanno soggiornato e devono farlo subito prima di lasciarla. Non si può entrare nella capsula spaziale senza aver fatto l’ultima pipì sulla Terra. L’autobus che porta gli astronauti al cosmodromo si ferma immancabilmente sul ciglio della strada, non lontano dalla rampa di lancio. A quel punto i passeggeri devono scendere e urinare sulla ruota del mezzo. Dopo aver indossato la tuta spaziale russa Sokol KV-2 l’equipaggio farà 50 passi (non uno di più, né uno di meno) per arrivare alla linea bianca dove si trovano le autorità in attesa dei saluti.

Il magazine Russia Beyond The Headlines Italia descrive anche altri rituali di questo tipo: la tradizione vuole che gli astronauti portino nello spazio un ramo di artemisia in ricordo della Terra che hanno lasciato. La canzone di sottofondo che li accompagna alla piattaforma di lancio deve essere “La Terra nell’Oblò” (Zemlja v Illijuminatore). Non si effettuano lanci di lunedì perché questo particolare giorno era detestato dall’ingegnere generale sovietico Sergeij Koroljov. Quest’ultimo arrivava perfino a litigare con i suoi superiori pur di evitare i lanci del primo giorno della settimana. Alla base di Bajkonur non si programmano lanci nemmeno per il 24 ottobre, poiché si ritiene che questa data porti sfortuna. Il 24 ottobre del 1960 e del 1963 vi furono degli incidenti mortali in questo luogo e, da allora, in questo giorno non si effettuano nemmeno lavori importanti.

Gli astronauti (anche i cosmonauti sovietici) non rilasciano autografi se non dopo la loro prima missione e alcuni si rifiutano di usare l’inchiostro nero. Un’altra abitudine prevede la firma di ogni membro dell’equipaggio su una bottiglia di vodka che viene bevuta nella steppa del Kazakistan dopo la missione. Molti anni fa si riteneva che mandare nello spazio un uomo con i baffi o una donna portasse sfortuna. Per fortuna (è proprio il caso di dirlo) questa superstizione è stata abbandonata. Gli astronauti non salutano le persone che li accompagnano alla piattaforma di lancio e non viene mai usata la parola “ultimo” riferita a un lancio.

Di solito, prima della partenza, guardano il film sovietico “Il Bianco Sole del Deserto”. La nuova generazione di viaggiatori dello spazio non può partire senza prima aver deposto un mazzo di fiori sulla tomba di Yurij Gagarin.

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